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Si è concluso con sette condanne, a pene comprese tra due e sei anni, il primo grado del processo “Ragnatela”, nato dall’indagine sulla gestione della casa di riposo “Sassocardo” di Alto Reno Terme, nell’Appennino bolognese. Il Tribunale di Bologna, presieduto dal giudice Massimiliano Cenni, ha accolto solo parzialmente le richieste avanzate a luglio dal pm della Direzione distrettuale antimafia Roberto Ceroni, che aveva chiesto la condanna di tutti e 15 gli imputati, accusati a vario titolo di estorsione, bancarotta fraudolenta e reati tributari, con l’aggravante del metodo mafioso in alcuni casi. 
La pena più severa, sei anni di reclusione, è stata inflitta a Fiore Moliterni, comunque con una condanna inferiore ai nove anni richiesti dall’accusa. Tra le assoluzioni, spicca quella con formula piena di Omar Mohamed, per il quale il pm aveva domandato sette anni e mezzo. Mohamed era imputato, insieme a Moliterni, a Francesco Zuccalà — la cui posizione è stata stralciata per via della richiesta di patteggiamento — e a un altro uomo, di una tentata estorsione nei confronti di una persona che sarebbe stata aggredita nel parco del Dopolavoro ferroviario di Bologna.
Fulcro dell’inchiesta era la gestione della “Sassocardo” da parte di Moliterni e Zuccalà, che secondo la Procura avrebbero condotto la struttura al fallimento tramite l’omesso versamento dei contributi, l’emissione di fatture false e l’utilizzo di intestazioni fittizie. Nel fascicolo figuravano anche episodi di presunte estorsioni ai danni dei dipendenti della casa di riposo, costretti alle dimissioni e riassunti da nuove società create ad hoc dopo ogni fallimento.
I giudici hanno però riqualificato questi episodi come violenza privata e tentata violenza privata, dichiarando per sei imputati — tra cui lo stesso Moliterni — il non doversi procedere per difetto della condizione di procedibilità, poiché tali reati non sono perseguibili d’ufficio se non in circostanze di particolare gravità. Per le condotte che la Procura continuava a ritenere estorsive, gli stessi sei imputati sono stati assolti con formula piena. 
Moliterni e Giuseppe Chiodo, anch’egli condannato a quattro anni e sei mesi, sono stati inoltre prosciolti da una delle accuse relative ai reati tributari per intervenuta prescrizione. Chiodo e altri due imputati condannati sono stati assolti, con varie formule, da ulteriori capi d’imputazione. Le motivazioni della sentenza saranno rese note entro sessanta giorni.

Foto © Imagoeconomica

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