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Il dato è emerso nel processo contro Pellegrini, Tersigni e Peluso 

Antonio Mazzei, il soggetto di cui ha parlato a lungo il collaboratore di giustizia Pietro Riggio ed indicato come collaboratore dei Servizi segreti (con legami persino con la Cia), soprannominato zio Toni o "il principe", è morto. Doveva essere sentito come testimone nei giorni scorsi nel processo che si celebra davanti al Tribunale di Caltanissetta (presidente Francesco D'Arrigo), sul possibile depistaggio delle indagini sulla strage di Capaci, che vede imputati due generali dei Carabinieri (oggi in pensione) Angiolo Pellegrini e Alberto Tersigni. Secondo l'accusa i due militari, che nei primi anni 2000 gestivano il collaboratore di giustizia, avrebbero ostacolato le indagini “finalizzate ad acquisire elementi di riscontro alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Riggio". Sentiti dall’autorità giudiziaria i due investigatori sono accusati di aver affermato “il falso o, comunque, tacevano in tutto o in parte quanto a propria conoscenza”.
Secondo la ricostruzione dell’accusa, i racconti del pentito avrebbero addirittura potuto portare alla cattura di Bernardo Provenzano. Ma anche a svelare un progetto di attentato contro Leonardo Guarnotta, già giudice del Pool Antimafia di Palermo, all’epoca presidente del processo a Marcello Dell’Utri, poi condannato per concorso esterno. 
Alla sbarra nel processo vi è anche l'ex poliziotto Giovanni Peluso, ma per quest'ultimo, l'imputazione è di concorso esterno in associazione mafiosa). 
"Al tribunale ed ai difensori ho fatto pervenire la nota con la quale si attestava l'intervenuto decesso del Mazzei che avremmo dovuto sentire come testimone" ha detto in aula il procuratore aggiunto Pasquale Pacifico che ha chiesto l'acquisizione dei documenti che lo riguardavano.
Sul banco dei testimoni sono quindi saliti il generale dei carabinieri Roberto Saltalamacchia (ex comandante della compagnia Roma Eur) e il funzionario del Sisde ormai in pensione Fausto Del Vecchio che aveva come confidente Antonio Mazzei.
Il primo, nonostante dalle annotazioni presenti in un'agenda del generale Pellegrini risulterebbe come il possibile tramite con Mazzei, non solo ha detto di non ricordare "alcun contatto con il colonnello-generale Pellegrini" e di "conoscerlo solo per nome in quanto noto all'interno dell'Arma", ma ha anche detto di escludere "nel modo più assoluto di aver presentato il signor Antonio Mazzei al generale Pellegrini" in quanto non lo avrebbe mai conosciuto, né incontrato. 
"Non mi sono mai occupato di attività investigative contro la criminalità organizzata - ha aggiunto - questi personaggi non li ho mai visti, né mai incontrati". 
Quando l'avvocato di Pellegrini, Oriana Limiti, ha chiesto spiegazioni in merito ad alcuni incontri che sarebbero avvenuti nel 1999, stando proprio alle annotazioni dell'agenda, nei giorni del 27 maggio; 9 e 23 giugno; 5, 9, 13 e 15 luglio.  
In particolare il 23 giugno oltre al nome di Saltalamacchia (che compare anche nelle altre date), vi è anche un riferimento a "Il principe".  
"Io non ho ricordi di incontri con il generale - ha insistito il teste - Quel nome Saltalamacchia, che è comandante della Compagnia, può essere anche riferito come acquisizione di informazioni in generale". Ed ha anche aggiunto: “Io non ho avuto mai contatti con servizi segreti”.  
Successivamente è stato sentito il funzionario del Sisde Fausto Del Vecchio il quale ha riferito come nacque il rapporto con Mazzei: "Il mio compito era cercare informazioni e confidenti nell'ambito partenopeo di Caserta e Napoli. Incontrai Mazzei e De Camillis (altro soggetto, ndr). Io le definisco fonti basse, perché mi servivano per sapere determinate famiglie che agivano nei bassi napoletani e sapere informazioni che interessavano al servizio. Chi mi presentò il Mazzei? Tramite un ispettore di polizia". 
Rispondendo alle domande del pm Pacifico Del Vecchio ha detto che il Mazzei sarebbe stato "poco attendibile". "Mazzei fu chiamato Il Principe.  Perché? Non ricordo. Davamo spesso soprannomi, al telefono soprattutto. Era utile per far sì che non venisse identificato". 
Nel proseguo dell'esame il teste ha quindi riferito di aver interrotto i rapporti con Mazzei, tra il 1994 ed il 1995, in quanto gli fu vietato dalla direzione del servizio ogni contatto perché "millantavano l'appartenenza ai servizi" o che "comunque "si comportava in maniera poco riservata".  
Fatto strano è che nel 1999, in un appunto, il funzionario era tornato a parlare di Mazzei. "Si tratta di una dichiarazione e non una relazione di servizio. Probabilmente mi fu richiesto di confermare che non avevo più relazioni" ha ribadito in aula. 
Il processo è stato rinviato al prossimo 11 novembre.

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