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Le parole della procuratrice generale ai microfoni di Repubblica

"Siamo di fronte a un problema che non deve essere banalizzato, è multifattoriale e travalica i nostri orizzonti", afferma la procuratrice generale di Palermo Lia Sava – ai microfoi di Repubblica - analizzando la spirale di violenza che sta coinvolgendo i più giovani. Un fenomeno, spiega, che "non investe solo Palermo ma anche altre realtà italiane, europee ed extraeuropee". Secondo la magistrata, negli ultimi cinque anni "la pandemia e le guerre hanno influito negativamente sul naturale percorso di maturazione di una generazione" già in difficoltà, che subisce "la forza, a volte perniciosa, dei social", capaci di trasmettere "messaggi di violenza e sopraffazione" e di "confondere le coscienze inducendole alla commissione di gravi reati". Di fronte a questo scenario, chiarisce, "non è pensabile ritenere responsabili di ciò che accade la magistratura o le forze dell’ordine che, mi creda, fanno il massimo possibile". Per la procuratrice, serve invece "guardare al problema pensando a soluzioni che implicano ben altro".
Sul dibattito relativo alla possibilità di impiegare l’esercito a Palermo, Sava esprime cautela. "L’efficienza straordinaria della procura della Repubblica di Palermo, la professionalità eccellente delle forze dell’ordine, l’attenzione massima del prefetto per il territorio dimostrano che si sta facendo il massimo", osserva. "Ed allora dobbiamo chiederci: cosa fare di più? Se fossi certa che la presenza dell’esercito nelle strade delle città sia la soluzione le direi: ben venga. Ma non credo sia solo quell’incremento l’approccio corretto alla questione". La risposta, per la procuratrice, passa da un intervento profondo sui modelli educativi. "La scuola fa quello che può, ma da sola non basta", afferma. "Bisogna coinvolgere maggiormente gli adulti e le famiglie e chiedersi se queste educano i figli al rispetto dell’altro, delle regole e alla salvaguardia dei valori che, una volta assimilati, rendono ciascuno maturo". E si interroga: "Non è che per caso questi valori le famiglie non li trasmettono perché li hanno smarriti anche esse?".
Anche la politica, secondo Sava, deve fare di più. "Occorre creare piazze, servizi minimi essenziali e tutto ciò che può mostrare il bello a persone che non riescono più a immaginarlo", sostiene. "Occorre costruire centri sportivi, associazioni musicali, dare come alternativa sana alle pistole una partita di calcio o il suono di uno strumento musicale". Ma gli interventi urbanistici e culturali non bastano senza un sostegno economico: "Occorrono posti di lavoro che creino occupazione per arginare la povertà e la fame che inducono ad accettare l’offerta deviante del crimine comune ed organizzato".
Riguardo alla percezione che la mafia oggi abbia un peso minore sulla città, la procuratrice è netta: "Ma non è così. Cosa nostra esiste, fa affari con le altre mafie, agisce nell’ombra, e inonda le nostre strade di fiumi di droga. Quindi il territorio lo controlla eccome". E avverte: "Siamo proprio sicuri che dietro questi fenomeni cosiddetti di microcriminalità non ci sia anche una qualche strategia, ben congeniata, dell’organizzazione mafiosa volta a distogliere la nostra attenzione dai grandi affari che essa realizza nel settore degli appalti o nel sommerso del dark web, magari utilizzando monete virtuali e le potenzialità dell’intelligenza artificiale?".
Nonostante la gravità del quadro, Sava riconosce nella città una reazione positiva. "Palermo ha gli anticorpi per rispondere a queste nuove forme di violenza", dice. "Si, lo dimostra l’indignazione che mi pare stia diventando evidente. Ma, lo ripeto, è fondamentale che questi fenomeni vengano letti in chiave olistica, globale, che deve investire più piani di azione".
Sul fronte delle risorse, la procuratrice sottolinea la necessità di rafforzare l’apparato giudiziario e investigativo. "Il procuratore della Repubblica di Palermo ha sollecitato più volte maggiori risorse a livello di magistrati e di personale amministrativo perché ora più che mai l’azione della direzione distrettuale antimafia deve muoversi su diversi livelli per comprendere cosa c’è davvero dietro lo scenario inquietante del quale abbiamo fin qui detto". Anche le forze dell’ordine, aggiunge, "necessitano di un innesto che, peraltro, è stato già promesso per il nostro distretto".

Foto © Paolo Bassani 

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