Un precedente storico senza eguali nella legislazione costituzionale italiana: la riforma che sancisce la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, con l’istituzione di due Consigli Superiori della Magistratura (Csm) distinti e la futura creazione di un’Alta Corte disciplinare, sarà sottoposta al voto finale del Senato martedì, nella stessa versione approvata dal Consiglio dei ministri il 29 maggio 2024 e successivamente dalla Camera il 16 gennaio 2025. Nessuna modifica, nemmeno di una virgola o di una singola parola, è stata apportata al testo, un’inedita rigidità paragonabile a quella di un decreto legge, nonostante l’iter prolungato nelle commissioni di Montecitorio e Palazzo Madama. Un processo che, secondo le critiche, sembra evocare più i metodi di uno Stato autoritario che quelli di una democrazia.
L’appuntamento cruciale è fissato per martedì alle 14:30, quando l’Aula del Senato si riunirà per la prima deliberazione sul disegno di legge costituzionale. Non si prevedono sorprese: il provvedimento dovrebbe essere approvato in poche ore e rimandato alla Camera per la terza lettura, proseguendo la cosiddetta “navetta” parlamentare. Le opposizioni hanno protestato energicamente, sia in commissione che in Aula, contro l’uso del “canguro”, ovvero l’accorpamento di emendamenti simili per accelerare le votazioni, già adottato in commissione Affari costituzionali. Tuttavia, il 16 luglio, dopo 30 ore di discussione contingentata, l’esame di circa 1300 emendamenti proposti dall’opposizione – tutti bocciati dal parere contrario del governo – si è concluso, segnando un punto di svolta per il testo.
Le opposizioni non hanno mancato di esprimere il loro dissenso mentre la maggioranza, che in 12 sedute non ha prodotto interventi, si è limitata a garantire il numero legale.
La separazione delle carriere sarà davvero la soluzione definitiva per il sistema giudiziario italiano? Questo è il grande interrogativo che accompagna la riforma. La novità consegna al pubblico ministero un proprio Csm di cui sarà pienamente responsabile, un netto passo avanti rispetto all’attuale Consiglio, dove i pm rappresentano solo 5 membri su 20.
Come ha più volte spiegato il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri “la separazione delle carriere non è un rischio per il pm, che in fondo mantiene il suo lavoro. Lo è per i cittadini. Perché il pericolo dietro l'angolo è un pm al di fuori della giurisdizione che non lavora più per cercare la verità, ma una condanna a tutti i costi". Inoltre, come già detto dall’ex procuratore generale di Palermo e oggi senatore Roberto Scarpinato "un pubblico ministero appiattito esclusivamente sulla polizia (cosa che succederà se passa la separazione delle carriere ndr) non cercherà mai le prove per assolverti. Per cui tu o sei ricco e ti puoi permettere un avvocato dalla parcella e una serie di investigatori o sei fregato".
Il percorso della riforma è ancora lungo. Dopo il voto di martedì, il testo dovrà affrontare altri due passaggi parlamentari, uno alla Camera e uno al Senato, che la maggioranza definisce una semplice “presa d’atto”. Tuttavia, l’iter si inserisce in un autunno complicato, dominato dalla manovra finanziaria. Il ministro Nordio ipotizza un referendum confermativo già all’inizio del 2026, ignorando i tre mesi necessari per la sua organizzazione, rendendo più realistica una data nella tarda primavera. Intanto, l’attuale Csm scadrà a gennaio 2027, e i laici eletti dal centrodestra danno per scontata una proroga per consentire al governo di redigere e approvare le complesse leggi attuative, previste dagli otto articoli della riforma costituzionale. Anche queste seguiranno lo “stile decreto”? Con l’avvicinarsi della fine della legislatura, le difficoltà aumenteranno, incluse le tensioni tra Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, che promuove la riforma come un successo da capitalizzare in campagna elettorale.
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