Le carte dei giudici parlano chiaro: niente mail né documenti protocollati, il ministero ha agito per tenere segreta la vicenda
Si è conclusa nelle scorse ore l’indagine del Tribunale dei ministri di Roma sulla vicenda del generale libico Najeem Osama Almasri, accusato dalla Corte penale internazionale di gravi crimini contro l’umanità, ma rilasciato e rimpatriato con un volo di Stato dopo l’arresto avvenuto a Torino il 19 gennaio 2025. Ora i giudici del Tribunale dei ministri devono decidere se archiviare il caso o chiedere il rinvio a giudizio per alcuni esponenti del governo. Tra questi figurano la premier Giorgia Meloni, il sottosegretario Alfredo Mantovano, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e, soprattutto, il ministro della Giustizia Carlo Nordio (in foto), che rischia l’accusa di omissione d’atti d’ufficio, oltre a quelle di favoreggiamento e peculato. Le indagini si sono concentrate in particolare proprio sul comportamento del Guardasigilli e del suo staff nelle ore successive all’arresto di Almasri. Tra i documenti esaminati dai giudici vi è una fitta corrispondenza interna al Ministero della Giustizia. Fin dal pomeriggio di domenica - poche ore dopo il fermo di Almasri - la capo di gabinetto di Nordio, Giusi Bartolozzi, risultava già perfettamente informata della situazione. In quei messaggi, Bartolozzi invitava alla massima cautela nelle comunicazioni tra funzionari del ministero, suggerendo persino di utilizzare canali criptati come l’app Signal, per evitare che restassero tracce ufficiali, come email o documenti protocollati. Nel frattempo, un altro dirigente, Luigi Birritteri, scriveva alla Bartolozzi per segnalare l’assenza dell’autorizzazione formale all’arresto, ma aggiungeva che si stava cercando una soluzione per convalidare il fermo e procedere alla consegna di Almasri. Bartolozzi avrebbe risposto di essere perfettamente a conoscenza della situazione, raccomandando un atteggiamento di massima riservatezza.
Si tratta di elementi che lasciano intendere come già dalla domenica - dunque, non dal lunedì, come ha dichiarato Nordio nella sua relazione al Parlamento - il governo fosse pienamente consapevole della vicenda. Inoltre, i documenti acquisiti dimostrano che le comunicazioni con l’ambasciata italiana nei Paesi Bassi erano già iniziate nel pomeriggio di domenica. Nello stesso arco di tempo, anche la piattaforma Prisma - utilizzata per le comunicazioni giudiziarie riservate - avrebbe ricevuto l’atto d’accusa della Corte penale internazionale contro Almasri. Convocato dai giudici del Tribunale dei ministri per un interrogatorio, il ministro Carlo Nordio ha scelto di non presentarsi, motivando l’assenza con impegni pregressi. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, la sua avvocata Giulia Bongiorno ha proposto che venga ascoltato prima il sottosegretario Mantovano.
Da parte sua, la Corte penale internazionale ha recentemente accusato l’Italia di aver violato i propri obblighi internazionali, ignorando il mandato della Corte e le corrette procedure di estradizione. Un comportamento definito gravissimo, che ha spinto la Procura della CPI a chiedere il deferimento dell’Italia all’Assemblea degli Stati Parte o, eventualmente, al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. In Italia, intanto, cresce la pressione politica per chiedere le dimissioni del Guardasigilli. Le opposizioni sono insorte. Debora Serracchiani, responsabile Giustizia del Pd, ha dichiarato: “Non può rimanere nel proprio ruolo un secondo di più”. Marco Grimaldi, vicepresidente del gruppo Alleanza Verdi-Sinistra alla Camera, ha aggiunto: “Il ministro Nordio ha mentito al Parlamento. Era perfettamente a conoscenza del mandato di arresto già dalla domenica e avrebbe potuto organizzare tutta la procedura con trasparenza ed efficienza. Invece ha accusato noi di non aver letto o compreso le carte, quando è evidente che le ha volutamente manipolate. È inaccettabile che un ministro inganni il Parlamento: chi mente deve assumersene la responsabilità e lasciare l'incarico”.
Anche Riccardo Magi, di +Europa, si è unito al coro di chi chiede le dimissioni: “Il governo ha mentito agli italiani dicendo di non sapere chi fosse quel cittadino libico. Palazzo Chigi non poteva non sapere, ed è stato complice del rilascio di un criminale con tanto di accompagnamento su un aereo di Stato. Alle accuse del Tribunale dei ministri - ha aggiunto Magi - si sommano quelle della Procura della CPI, secondo cui Nordio avrebbe addirittura ostacolato l’attività della Corte. Il ministro non ha più alibi: faccia un passo indietro prima di infangare ulteriormente le nostre istituzioni”. Le critiche colpiscono anche la premier Giorgia Meloni, accusata di aver mentito in un video ufficiale, con Nicola Fratoianni (Avs) che si chiede: “Cosa aspetta a far dimettere Nordio?”.
Foto © Imagoeconomica
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