La casa circondariale “La Dogaia” di Prato si conferma sempre più un’emergenza nazionale. In soli sette mesi, si sono verificate cinque evasioni — un numero che non ha eguali in Italia — e otto agenti della Polizia Penitenziaria risultano attualmente indagati. L’istituto, da tempo nel mirino della magistratura, è al centro di una vasta inchiesta coordinata dal procuratore Luca Tescaroli, che ha già messo in luce un quadro allarmante: droga e telefoni cellulari entrano regolarmente tra le sbarre, con modalità e complicità ancora tutte da chiarire. Le fughe sono avvenute per lo più da sezioni di media sicurezza, dove erano ristretti detenuti già condannati in via definitiva per reati anche molto gravi. In due casi, i fuggitivi erano ospitati in una struttura esterna legata alla Caritas diocesana, utilizzata per la detenzione attenuata. Proprio lì — secondo le indagini — venivano stoccati gli stupefacenti destinati al carcere. La Caritas, va precisato, non risulta coinvolta nell’inchiesta. L’indagine sulle evasioni è nata come filone parallelo dell’inchiesta madre che, nei giorni scorsi, ha portato a una maxi-perquisizione nella struttura pratese, con l’impiego di 300 agenti. Oggi il carcere ospita 576 detenuti, di cui 111 nel reparto di alta sicurezza, riservato a condannati per reati di mafia. I risultati della perquisizione hanno confermato la gravità della situazione: sono stati rinvenuti cellulari, microtelefoni e persino un router, nascosti nei muri, nelle gambe dei tavoli, nei doppi fondi degli elettrodomestici, delle pentole e persino dentro un water. La droga, invece, circolava grazie a nascondigli nella biancheria intima o altri stratagemmi ingegnosi. Su 127 detenuti perquisiti, ben 27 risultano ora indagati insieme a 6 agenti penitenziari. A questi, si aggiungono i due poliziotti iscritti oggi nel registro degli indagati. L’intercettazione di una conversazione tra un detenuto mafioso e un familiare ha fatto scattare l’indagine oltre un anno fa: “Le guardie sono a libro paga”, diceva l’uomo. Da lì, l’inchiesta ha iniziato a ricostruire un sistema opaco e compromesso. I fatti inquietanti non si fermano qui. Alla Dogaia si è registrato anche un caso scioccante: l’aggressione con olio bollente a Vasile Frumuzache, autore confesso del duplice femminicidio di due giovani ragazze. L’uomo era stato incredibilmente lasciato a contatto con i familiari di una delle vittime. Il quadro si fa ancora più cupo se si considera che, solo nel 2024, si sono verificati quattro suicidi e circa 200 episodi di autolesionismo. Le condizioni igienico-sanitarie sono critiche, con numerosi casi di scabbia. A rendere la gestione ancora più difficile è la grave carenza di personale: a fronte di un organico previsto di 360 agenti, ne sono operativi solo 270. Mancano anche medici, infermieri, psicologi e assistenti sociali. Il carcere di Prato, insomma, si sta trasformando in un simbolo del fallimento del sistema penitenziario italiano. Un'emergenza che non può più essere ignorata.
Fonte: ilfattoquotidiano.it
Foto © Imagoeconomica

Il carcere di Prato al collasso: cinque evasioni in sette mesi, 8 agenti sotto inchiesta
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