Figura chiave dell'inchiesta Equalize, è deceduto all'improvviso mentre collaborava con gli inquirenti
Dodici reperti sequestrati e mai analizzati. Un’autopsia incompleta, una relazione mai trasmessa alla famiglia. Un corpo cremato appena cinque giorni dopo il decesso, prima che gli esiti tossicologici fossero disponibili. Sono queste le ombre che si allungano sulla morte di Carmine Gallo, l’ex superpoliziotto al centro dell’inchiesta “Equalize” sui presunti dossieraggi illegali, con intrecci tra servizi segreti, società pubbliche, e poteri forti italiani e internazionali.
Davide Milosa, sulle colonne del Fatto, riavvolge il filo e ricostruisce i fatti, i dubbi e traccia la strada da percorrere. Gallo muore il 9 marzo scorso nella sua abitazione a Garbagnate Milanese, dove si trovava agli arresti domiciliari. Le prime ricostruzioni parlano di infarto fulminante. Ma qualcosa non torna fin dall’inizio, neppure agli inquirenti. La Scientifica dei carabinieri ispeziona l'appartamento come se fosse una scena del crimine: raccoglie medicinali, cibo, sigarette (elettroniche e non). Dodici reperti in tutto, accuratamente conservati in due sacchi. Elementi potenzialmente decisivi per chiarire la causa del decesso. Ma da quel momento, il silenzio.
A distanza di cinque mesi, quei materiali sono ancora lì - spiega Milosa -, stipati sugli scaffali della caserma dei carabinieri di Garbagnate. Nessun esame tossicologico, nessuna analisi sul cibo o sulle sostanze rinvenute. Eppure, tra le ipotesi iniziali, l’avvelenamento non era affatto stata esclusa. Anzi, era stata proprio questa possibilità a spingere il magistrato di turno a disporre un’autopsia.
Ma l’autopsia – iniziata il 12 marzo – viene subito svuotata di significato da una dichiarazione informale trapelata dagli ambienti giudiziari: morte naturale. Nessuna nota ufficiale, nessun chiarimento pubblico. Solo voci, mentre l’inchiesta “Equalize” continua ad avvolgersi nel riserbo. E intanto, tre giorni dopo la morte, si celebrano i funerali. Poco dopo, il corpo di Gallo viene cremato.
Un dettaglio inquietante, se si considera che i risultati tossicologici, quelli veri, completi, arriveranno solo due mesi dopo. Troppo tardi, ormai. Nessuna possibilità di ulteriori verifiche, nessuna seconda opinione indipendente. E la famiglia? A loro, la relazione autoptica non è mai stata consegnata.
Nel frattempo, i verbali di Gallo diventano pubblici. Ed emergono elementi dirompenti: contatti con i vertici delle forze dell’ordine, rapporti con l’ufficio legale di Eni, collegamenti con la Cia, con il Mossad e con i Servizi segreti italiani. Una figura chiave. Un testimone potenzialmente esplosivo.
Oggi l’indagine “Equalize” si avvia verso la conclusione. Ma sulla morte di Carmine Gallo resta un mistero fittissimo, fatto di omissioni, silenzi e domande inevase. Come mai quei dodici reperti non sono mai stati analizzati? Chi ha deciso i tempi della cremazione, quando ancora non c’erano certezze sulla causa del decesso? E soprattutto: cosa poteva ancora dire Carmine Gallo, e a chi avrebbe potuto nuocere?
Fonte: ilfattoquotidiano.it
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