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La prima sezione della Corte d’appello di Palermo ha ridotto le pene per sette dei sedici imputati coinvolti nel processo “Navel”, incentrato sulle attività delle cosche mafiose di Villagrazia e Santa Maria di Gesù, due storiche roccaforti della criminalità organizzata palermitana. L’indagine era stata condotta dai carabinieri del Ros nell’estate del 2022, su mandato della Direzione distrettuale antimafia, e aveva portato alla luce un’ampia rete di affari illeciti, tra cui estorsioni, traffico di droga, rapine e l’organizzazione di eventi di quartiere, come concerti di neomelodici, strumentalizzati per rafforzare il consenso sul territorio. 
Tra i nomi emersi spiccava quello di Salvatore Profeta, omonimo e nipote del boss storico dell’omonima famiglia, morto tre anni fa. Il vecchio capomafia era stato coinvolto — e poi scagionato — nella strage di via d’Amelio, a causa delle false dichiarazioni di Vincenzo Scarantino, rivelatesi poi parte di un depistaggio. Nel nuovo procedimento, al giovane Profeta è stata ridotta la condanna da 20 anni a 14 anni e 8 mesi.
Nonostante le riduzioni concesse in appello e lo sconto di un terzo della pena previsto per il rito abbreviato, il processo ha comunque portato a condanne significative, a conferma della gravità dei reati contestati e della pervasività dell’influenza mafiosa in alcuni quartieri del capoluogo siciliano.
Le motivazioni della sentenza verranno depositate nelle prossime settimane, ma il verdetto conferma ancora una volta il ruolo cruciale della giustizia nel colpire i vertici e le ramificazioni di Cosa nostra, pur in un contesto in cui i legami familiari e le alleanze storiche continuano a giocare un ruolo determinante nella riorganizzazione delle cosche. 

Foto © Imagoeconomica

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