Secondo quanto avrebbero ricostruito il procuratore capo di Palermo Maurizio de Lucia, l’aggiunto Marzia Sabella e il sostituto Francesca Dessì a uccidere il 6 gennaio del 1980 il presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella sarebbero stati Antonino Madonia, figlio del boss di Resuttana Francesco, mentre al volante della 127 ci sarebbe stato Giuseppe Lucchese. All’epoca avevano rispettivamente 28 e 22 anni.
Per il delitto del fratello maggiore del presidente della Repubblica sono stati condannati come mandanti i boss della cupola, da Totò Riina a Michele Greco, da Bernardo Provenzano a Bernardo Brusca, da Pippo Calò, a Francesco Madonia e Antonino Geraci. Gli esecutori, tuttavia, non sono mai stati condannati.
In questa fase dell’inchiesta è stata disposta per il 12 giugno una “comparazione biologica” su una vecchia impronta trovata sull'auto; un accertamento di tipo tecnico che sarà fatto sui due indagati, Antonino Madonia e Giuseppe Lucchese, che hanno ricevuto nei giorni scorsi l'avviso dalla procura di Palermo.
L’impronta - che nello specifico si tratta di una ‘striscia’ - fu isolata nell’immediatezza dei fatti, ma non aveva le caratteristiche necessarie per svelare l’identità di chi l’aveva lasciata sulla carrozzeria: con le moderne tecnologie però le analisi sono state rese possibili. Per l’omicidio Mattarella sono stati processati e assolti (quindi non più processabili) i killer ‘neri’ Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini ma l’inchiesta attualmente in corso non esclude comunque un loro ruolo assieme ai mafiosi.
La cosiddetta 'pista nera' venne inaugurata dal giudice Giovanni Falcone il quale credeva che i due killer fossero appunto Fioravanti e Cavallini.
La 'prova regina' di questa pista - come abbiamo ricostruito in altri articoli - venne però scartata dalla procura di Palermo nel 2020: si trattava della targa della Fiat 127 con la quale i killer si portarono sul luogo dell’omicidio.
Ma nella trasmissione di Report dello scorso 18 maggio è stato dimostrato che le targhe furono distrutte mediante lacerazione e deformazione a Roma. Ciò solleva la domanda: se le targhe furono distrutte, quali sono quelle analizzate a Palermo nel 2020?
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