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Il giudice del Tribunale di Roma contro la norma di Nordio e Piantedosi: “Un regalo alla mafia, altro che sicurezza” 

Questi purtroppo non si rendono conto dei favori che fanno persino alla criminalità organizzata”. Non ci gira attorno Alfonso Sabella, giudice presso il Tribunale di Roma che nel ‘93 ha partecipato al pool antimafia di Palermo guidato da Gian Carlo Caselli, commentando il nuovo decreto Sicurezza promosso dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. La nuova norma - l’articolo 634-bis del codice penale - introduce un reato specifico per chi occupa una casa usando violenza o minaccia e prevede pene che vanno dai 2 ai 7 anni di reclusione. Il problema - come ha spiegato Sabella ai microfoni del Fatto Quotidiano - è che fino a oggi questi comportamenti venivano spesso puniti come estorsione, un reato molto più grave, che prevede pene da 7 a 20 anni, e fino a 30 in presenza dell’aggravante mafiosa. “Mentre con la nuova norma chiunque usa violenza o minaccia alla persona per impossessarsi di un immobile altrui sarà punito con una pena molto più lieve”.

La nuova legge, quindi, rischia di indebolire la risposta giudiziaria contro i mafiosi che gestiscono le assegnazioni abusive delle case. E Sabella fa un esempio molto semplice e concreto per spiegarlo: se un membro di un clan trova qualcuno dentro un appartamento che “gestisce” la sua organizzazione, potrebbe minacciarlo per costringerlo ad andarsene. In passato, questa azione sarebbe stata giudicata come estorsione, punibile severamente. Con la nuova norma, invece, sarà inquadrata in una fattispecie specifica, quindi meno grave, perché considerata un reato “speciale” che assorbe quello più generale di estorsione. In pratica, chi usa violenza o minaccia per occupare un immobile potrà essere condannato a pene più leggere e addirittura - se collabora e lascia subito l'appartamento - potrà non essere punito affatto. Questo “perché la stessa norma prevede una causa di non punibilità per chi decida di collaborare per l’accertamento dei fatti e lasci subito l’immobile. Per fare l’esempio degli Spada - ha proseguito il magistrato - si possono permettere di dire, quando arrivano i vigili: ‘Scusate, ce ne andiamo, tanto che ce ne frega di questo appartamento invece di un altro’”.

Ma i paradossi non si fermano qui. La norma prevede infatti le stesse pene anche per chi occupa una casa in modo non violento, ad esempio con un inganno o un trucco. Altro non è che “il caso tipico della povera crista - spiega Sabella - che si è infilata nella casa della nonna e che non dice allo Iacp che la nonna ormai è morta e paga i bollettini al suo posto con il nome della nonna”. Anche lei rischia da 2 a 7 anni di carcere. Ma, a differenza dei mafiosi che possono scegliere di andarsene prima di essere perseguiti, questa donna, magari con figli piccoli e senza mezzi, sarà costretta a restare nell’alloggio e verrà condannata. “Questa è la sostanza dei fatti”. Il vero effetto della norma è quello di favorire chi agisce con logiche criminali organizzate, per poi colpire più duramente chi, invece, si deve “arrangiare” per necessità. Da qui l’amara conclusione: i promotori di questa legge, forse senza rendersene nemmeno conto, stanno facendo un grande regalo alla mafia.

Foto © Imagoeconomica

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