Relazione in arrivo dal Comitato parlamentare. Intanto i pm indagano sull’uso illecito dello spyware
Il caso Paragon non è di certo soltanto un caso italiano. Secondo quanto riferito da Vittorio Rizzi, a capo del Dis (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza), sarebbero 61 le utenze in tutta Europa – di cui sette in Italia – colpite dallo spyware Graphite, prodotto dalla società israeliana Paragon Solutions. Ad ogni modo, il sospetto è che, in realtà, le utenze interessate potrebbero essere molte più di queste, circostanza che potrebbe spiegare le segnalazioni che Apple ha fatto in merito a ben 150 Paesi. Tuttavia, i servizi di intelligence italiani continuano a negare qualsiasi responsabilità nello spionaggio ai danni dei giornalisti di Fanpage, Francesco Cancellato (in foto) e Ciro Pellegrino, che sarebbero invece stati sorvegliati illegalmente tramite lo spyware di Paragon. A indagare sul caso è il Copasir, che di recente ha concluso i suoi lavori e si prepara ora a presentare una relazione al Parlamento. Finora, dalle indagini è emerso che i servizi segreti italiani avrebbero ammesso di aver spiato - ma in modo legale - gli attivisti della Ong Mediterranea. Autorizzati dalla Procura generale, gli 007 italiani avrebbero intercettato alcune conversazioni della Ong per indagare su possibili traffici di migranti nel Mediterraneo. Intercettazioni - ha fatto sapere Repubblica - iniziate già durante il governo Conte e giustificate da motivi di sicurezza nazionale. Diversa la situazione dei giornalisti, in particolare quelli di Fanpage, Cancellato e Pellegrino. Le verifiche svolte finora escluderebbero un coinvolgimento diretto dei servizi italiani: non risultano, infatti, autorizzazioni da parte della Procura generale, né tracce nei database dei due principali apparati di intelligence, Aise e Aisi. Resta però un fatto: nei telefoni dei due giornalisti sono state rilevate tracce lasciate dal passaggio dello spyware israeliano. Un altro elemento rilevante è la decisione della società Paragon di rescindere il contratto con l’Italia, in seguito all’uso dello spyware per sorvegliare i membri della Ong Mediterranea. Secondo l’azienda, ciò rappresenterebbe una violazione dei termini di licenza, che vietano espressamente l’impiego del software contro giornalisti e membri della società civile. Nel tentativo di fare chiarezza sulla vicenda, le procure di Napoli e Roma hanno aperto un fascicolo per intercettazioni abusive, al momento contro ignoti. Questo perché non è stato ancora possibile accertare chi sia effettivamente il responsabile. I sospetti sono diversi, anche se quello principale è che Paragon possa essere stato utilizzato senza autorizzazione. Ma il punto è: da chi?
Intanto, alcuni elementi potrebbero contribuire a fare maggiore chiarezza. Lo spyware di Paragon Solutions è infatti uno strumento estremamente potente, quindi molto costoso. Si parla di contratti da milioni di euro, fuori dalla portata della maggior parte delle aziende private. Proprio per questo - come ha riportato il quotidiano “Domani” - i magistrati italiani stanno cercando di capire se qualche impresa italiana possa aver acquistato o utilizzato questo strumento. L’obiettivo è accertare se esistano dinamiche che possano spiegare un eventuale accesso diretto o indiretto a Graphite da parte di aziende che forniscono servizi di intercettazione ai tribunali. Si indaga anche sull’origine dei software utilizzati da queste imprese: derivano, in parte, dalla tecnologia di Paragon? Utilizzano sistemi per offuscare gli indirizzi IP e rendere irrintracciabili i server? E come avviene la trasmissione dei dati da un dispositivo spiato ai loro server? Le risposte a queste domande potrebbero aiutare i magistrati a stabilire se lo spyware sia stato utilizzato da soggetti non governativi e in che modo. Infine, ma non per importanza, un’altra possibile pista investigativa potrebbe entrare in gioco in questa vicenda: quella della cosiddetta “Squadra Fiore”, legata ai dossieraggi condotti dalla società Equalize, un gruppo privato che operava al di fuori dei canali istituzionali e che avrebbe effettuato diversi accessi abusivi a sistemi informatici per carpire informazioni. Secondo quanto emerso dalle indagini della Procura di Roma, il gruppo avrebbe avuto contatti diretti con il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis). Inoltre, da alcune intercettazioni è emerso che Carmine Gallo, l’ex poliziotto coinvolto nella società e deceduto lo scorso 9 marzo mentre si trovava agli arresti domiciliari, avrebbe dichiarato di aver collaborato con i servizi segreti, facendo riferimento a una sede operativa del Sisde a Roma. Sempre nell’ambito delle indagini su Equalize, è stato accertato anche che il gruppo di “spioni” avrebbe intrattenuto rapporti con la ’Ndrangheta, in particolare con la cosca Barbaro, e - guarda caso - con agenti dei servizi segreti israeliani. Insomma, le domande intorno al caso Paragon sono molte. Ciò che continua a mancare, invece, sono le risposte.
Foto © Imagoeconomica
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