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La decisione dovrebbe arrivare tra la fine dell'anno o al massimo agli inizi del 2026

Un processo così, dicono gli addetti ai lavori, non si vedeva da almeno quattordici anni. Giuseppe Fidanzati, figlio del boss di Cosa nostra Gaetano Fidanzati, è uno degli imputati, una trentina al momento, che hanno scelto oggi come rito alternativo l'abbreviato nella maxi udienza a carico di 143 persone, davanti al gup di Milano Emanuele Mancini, scaturita dall'inchiesta "Hydra" della Dda e dei carabinieri del Nucleo investigativo.
L'udienza di oggi è stata dedicata per ore all'appello delle parti.
In più ci sono state le anticipazioni dei riti alternativi ed altre da parte delle difese potranno arrivare ancora. Tra i capi del presunto "sistema mafioso lombardo", costituito da "appartenenti" a Cosa nostra, 'Ndrangheta e Camorra e che sarebbe stato attivo tra Milano e Varese per fare "affari", oltre a Giuseppe Fidanzati, detto "Ninni", hanno chiesto l'abbreviato anche Bernardo, Domenico e Michele Pace.
Questi ultimi avrebbero fatto parte del mandamento della provincia di Trapani, con al vertice Paolo Aurelio Errante Parrino, parente di Matteo Messina Denaro. Parrino, come molti altri presunti capi, sceglierà, invece, l'udienza preliminare 'ordinaria', anche perché l'accusa di associazione mafiosa, come alleanza di esponenti delle tre mafie, era stata bocciata dal gip. Gli arresti, però, poi vennero decisi dal Riesame e confermati dalla Cassazione. Un'udienza è fissata anche per domani, mentre sulla costituzione delle parti civili, tra cui il Comune di Milano, la Regione Lombardia, Libera e Wikimafia, il gup dovrebbe decidere il 29 maggio.
Oggi in aula, coi pm Alessandra Cerreti e Rosario Ferracane, c'era anche il procuratore Marcello Viola. A Viola e Cerreti nei mesi scorsi era anche stata rafforzata la scorta per minacce ricevute.
Sono finora state fissate 24 udienze fino a fine luglio.
La decisione, comunque, dovrebbe arrivare tra la fine dell'anno o al massimo agli inizi del 2026.
Da settimane si lavora all’organizzazione dell’aula bunker che sarà presieduta dal giudice Emanuele Mancini.
Il gup nei giorni scorsi ha diffuso un regolamento per cercare di governare udienze che si preannunciano calde.
Dal punto di vista della sicurezza ci sono stati Comitati in prefettura e ha lavorato in tal senso anche la procuratrice generale di Milano Francesca Nanni. All’esterno dell’aula bunker è prevista la presenza della polizia locale di Opera. All’interno, oltre al personale di vigilanza per la verifica degli accessi, saranno schierati i carabinieri e le divise del Gom, il gruppo operativo mobile, un reparto specializzato della polizia penitenziaria. Tutti i partecipanti all’udienza dovranno passare attraverso il metal detector.


Il sistema mafioso lombardo a 'tre teste'

La procura ha ipotizzato l’esistenza di un sistema criminale che "catalizza e gestisce risorse finanziarie, relazionali ed operative di compagini di camorra, ‘Ndrangheta e Cosa nostra, attraverso uno stabile vincolo associativo". Un’associazione mafiosa che avrebbe "trasferito nel sodalizio orizzontale tutti i tratti genetici delle associazioni" di provenienza, un "sistema mafioso lombardo la cui operatività veniva decisa congiuntamente dalle tre componenti mafiose".
La finalità è stare in pace per fare affari e spartirsi i proventi senza sparare.
All'apice di questa organizzazione, secondo i magistrati, c'era Parrinom considerato il punto di "raccordo – come ha scritto la Cassazione – tra il sistema mafioso lombardo e Matteo Messina Denaro".
Con Messina Denaro non condivideva solo la provenienza – entrambi di Castelvetrano, anche se lo "zio Paolo" è dai primi anni Novanta in pianta stabile ad Abbiategrasso, nell’hinterland milanese – ma anche una parentela: sua moglie, Antonina Bosco, è cugina di Gaspare Como, marito di Bice Messina Denaro, sorella del boss di Cosa nostra.
Negli atti dell'inchiesta compaiono nomi che non sono nuovi agli inquirenti e alle cronache giudiziarie: la famiglia palermitana dei Fidanzati, i Pace e gli Abilone, i catanesi della famiglia Mazzei, oltre ai Rinzivillo, la cui presenza in Lombardia è attestata già da alcune sentenze del lontano 1986. Ci sono gli ‘ndranghetisti della locale di Legnano-Lonate Pozzolo, collegata a Cirò e guidata da Vincenzo Rispoli. E poi c’è Antonio Romeo dell’omonima ‘ndrina di San Luca, trapiantata dagli anni Novanta anche in Lombardia, e Domenico Tripodi, ritenuto dalla Dia vicino alla locale di Desio.
Per la Camorra c'è il clan camorrista dei Senese, da anni presenti anche a Roma.

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