L’ex magistrato capo di Palermo: “Non migliora il funzionamento del nostro sistema giudiziario”
L’idea era stata già abbozzata durante il governo Draghi per ispirazione dell’ex Guardasigilli Marta Cartabia e ora la famosa pagella per i magistrati vede realtà. Succede a Milano dove è stata realizzata una piattaforma ad hoc per valutare chi lavora nel Palazzo di giustizia, quindi magistrati, ma anche personale amministrativo. L’idea dei voti alle toghe e ai collaboratori del tribunale si è concretizzata in una iniziativa dell’Ordine degli Avvocati di Milano che ha la forma di un portale dove “depositare” le segnalazioni con l’idea che questa possa “contribuire a migliorare l’efficienza del sistema giudiziario offrendo a avvocati e praticanti uno strumento con cui segnalare non solo disfunzioni o criticità, ma anche aspetti positivi e virtuosi da parte degli Uffici”. L’Ordine di Milano sottolinea che si tratta di un’iniziativa che viene da lontano addirittura 2006 (con la riforma Castelli del governo Berlusconi) e dicembre 2012 (governo Monti). “L’iniziativa ha senz’altro delle finalità positive molto buone - ha commentato il presidente del Tribunale, Fabio Roia - Bisognerà verificare poi come viene concretamente attuata, perché per esperienza personale, posso dire che molte volte taluni avvocati si dolgono anche del merito delle decisioni, se per esempio il giudice non ha accolto le richieste o sostanzialmente ha disatteso le istanze che sono state avanzate. Allora - ha aggiunto Roia a Il Fatto Quotidiano - se poi queste diventano, come dire, segnalazioni di disfunzioni del sistema, dovrà essere l’intelligenza del Consiglio dell’ordine degli avvocati a verificare queste segnalazioni e quindi a sfrondarle, perché un conto è ovviamente il comportamento inusuale o disciplinarmente rilevante del magistrato, un conto poi è la decisione del merito. Quindi, una buona iniziativa negli obiettivi; ci può essere un pericolo nella fase attuativa, ma confido, e su questo Milano è sempre un modello, nella capacità del Consiglio dell’ordine degli avvocati di filtrare poi le segnalazioni realmente che riguardano profili di disfunzionamento organizzativo rispetto a quelli che riguardano decisioni del merito, rispetto invece a quelli che possono riguardare comportamenti penalmente disciplinarmente rilevanti o comunque passibili di valutazione sul piano della professionalità”. Secondo l’ex procuratore capo di Palermo (oggi in pensione) Gian Carlo Caselli riconoscere agli avvocati iscritti all’Ordine il diritto di giudicare la professionalità dei magistrati è “assai pericoloso”. Rispetto la prospettazione dell’Avvocatura, secondo cui la piattaforma servirebbe anche a migliorare l’efficienza del sistema giudiziario, a detta di Caselli il pericolo è “che risulterà quasi sempre avulsa dalla realtà”. “Basti pensare - ha aggiunto l’ex magistrato in un editoriale su Il Fatto Quotidiano - ai difensori dei mafiosi tenuti a tutelare e far valere, dei loro clienti, ogni interesse non soltanto processuale. Oppure, all’opposto, allo sprovveduto “avvocaticchio” che smania dalla voglia di far sapere al mondo che lui è più bravo del giudice che gli ha dato torto. O ancora, al sogno oscuro di vari avvocati: cantarle a quel presuntuoso di magistrato chiuso in una torre d’avorio; sbattergli in faccia presunte carenze tecnico-giuridiche che hanno portato a verdetti che non si sa come giustificare al cliente; farsi forti della sua nomea di magistrato politicizzato (toga rossa va alla grande), trincerandosi dietro la presunzione che le sue decisioni siano il frutto di ideologie e non di corretta applicazione della legge”. In sostanza, caricare un meccanismo che già faticosamente arranca. Di certo - ha concluso Caselli - non migliora il funzionamento del nostro sistema giudiziario”.
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