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Per il magistrato si rischia una giustizia a due velocità che tutela i colletti bianchi. Le vere emergenze sono altre: ecco quali

Il potere, sia esso di destra o di sinistra, deve abituarsi ed essere contento delle critiche. Avrei paura di chi ogni giorno ti dice che sei il migliore, il più bravo. Molto meglio le persone che ragionano e fanno critica costruttiva. Chiunque sia al potere deve essere grato a chi contesta democraticamente”. È un’opinione netta e diretta quella espressa dal procuratore capo di Napoli, Nicola Gratteri, intervistato durante il talk show “Accordi&Disaccordi”. Il commento riguarda il cosiddetto “decreto sicurezza”, entrato in vigore il 12 aprile di quest'anno. Un provvedimento che, se da un lato ha introdotto misure repressive nei confronti dei cittadini, dall’altro ha indebolito sensibilmente le norme sui reati contro la pubblica amministrazione. Non a caso, Gratteri ha definito i 38 articoli del decreto come un insieme di misure che sembrano ispirarsi a principi di diritto variabili, a seconda di chi commette il reato. Un atteggiamento senza dubbio incoerente da parte del legislatore, che agisce “a doppia velocità”: da un lato un garantismo nemmeno troppo velato verso chi detiene il potere; dall’altro, un irrigidimento delle norme rivolte ai comuni cittadini. Esempi molto precisi sembrano confermare questa disparità. “È stato abolito l’abuso d’ufficio per fare un favore ai potenti. Per aiutare i pubblici amministratori infedeli - ha precisato Gratteri - è stata ridotta la possibilità di dimostrare il traffico di influenze”. Mentre si proteggono i vertici e le élite istituzionali, si inaspriscono le leggi nei confronti di comportamenti popolari come le manifestazioni e le espressioni di dissenso. In alcuni casi è prevista perfino la reclusione per chi blocca le strade e sanzioni pesanti per chi protesta contro le grandi opere. “Se dei ragazzi manifestano pacificamente, senza danneggiare alcun immobile o monumento - ha sottolineato il procuratore capo di Napoli -, hanno il diritto di protestare anche per un mese, e nessuno dovrebbe toccarli”. E aggiunge: “Riusciamo a trovare il tempo per creare nuove norme che sanzionano i giovani che occupano le piazze”, mentre la macchina della giustizia continua a essere ingolfata da elementi farraginosi e spesso fallimentari, come il processo telematico, che ha mostrato tutte le sue carenze nei tribunali da Nord a Sud. Nella migliore delle ipotesi, funziona malissimo. “In questo momento - ha continuato il procuratore - in Parlamento si sta discutendo di rendere più difficile per i pm sequestrare i telefonini”. Così si creano, inevitabilmente, “ulteriori ostacoli all’acquisizione delle prove”, che possono riguardare anche “processi di mafia o di pubblica amministrazione”. Rischiamo di arrivare a “non poter sequestrare il telefonino o il computer di una persona influente senza un decreto preventivo di un giudice”. Insomma, si tratta di uno squilibrio che mina ulteriormente la fiducia dei cittadini nello Stato di diritto e nella giustizia. Gratteri, che ha più volte denunciato il collasso del sistema carcerario, anche questa volta non ha mancato di evidenziare, senza giri di parole, come certe emergenze vengano puntualmente ignorate o affrontate in modo non adeguato. Gli istituti penitenziari, ad esempio, sono ancora sovraffollati, il personale è insufficiente e la gestione complessiva sembra progettata da chi non ha mai messo piede in carcere. “Abbiamo visto far entrare mezzo chilo di cocaina nelle carceri attraverso i droni”, che sorvolano gli istituti penitenziari scaricando, oltre alla droga, anche cellulari e persino card già attive. Si tratta di strumenti che - ha precisato Gratteri - possono essere usati dai boss della criminalità organizzata detenuti per mantenere i contatti con l’esterno, gestire traffici e impartire ordini direttamente ai loro sodali in libertà. Come ha ribadito più volte, una delle soluzioni più efficaci sarebbe l’installazione di un jammer: “Costa 60mila euro - ha concluso - e una volta attivato, impedisce il funzionamento sia dei telefonini che dei droni. Dovremmo semplicemente convincerci a installare i jammer almeno nelle carceri di massima sicurezza o in quelle con oltre mille detenuti”.

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