Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, “deragliano dai confini e decidono le politiche”. L’Anm risponde: “Ricorrano alla Consulta”
Non cessa la tensione fra governo e magistratura. Questa volta ad attaccare giudici e pm è il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Il "racconto di 'toghe rosse' in azione forse aveva senso 30 anni fa e adesso appare macchiettistico. È qualcosa di più complesso e di più grave. È un ormai cronico sviamento della funzione giudiziaria, perché quest'ultima deraglia dai propri confini e decide, insieme alle norme, le politiche sui temi più sensibili, e chi quelle politiche deve applicare", attacca il sottosegretario all'inaugurazione dell'anno giudiziario del Consiglio nazionale forense. A suo dire, ancora, c'è un "territorio sempre più attraversato da tensioni tra poteri dello Stato. Nonostante l'equilibrio tra poteri sia delineato in modo chiaro, oggi è sempre più precario". Pronta la replica dell'Anm. Il vicesegretario dell'Associazione nazionale magistrati, Stefano Celli commenta a LaPresse: "È fisiologico che i provvedimenti della magistratura talvolta non vadano nella direzione auspicata dal governo. Se si ritiene che un magistrato abbia esercitato un potere non suo, si può ricorrere alla Corte costituzionale sollevando conflitto di attribuzione". E non solo. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, non le manda a dire: "Io veramente non ho mai creduto, nemmeno quando ero in magistratura, a questa differenziazione tra toghe bianche, nere, rosse e azzurre. È stata una semplificazione che prendeva spunto da un parallelismo politico - magistrati di destra, di centro, di sinistra". Quindi, prende le difese del collega di governo: "Sono certo che Mantovano abbia voluto dire che oggi, proprio nel tramonto delle ideologie, che si sono dissolte, le problematiche non sono più agganciate a una particolare dottrina politica, ma ubbidiscono ad altri criteri che sono essenzialmente oggi, purtroppo nella degenerazione correntizia, criteri di potere". Ma a far discutere è anche la proposta di legge che riforma le funzioni della Corte dei Conti in Aula alla Camera. Il cuore del provvedimento è l'attribuzione ai magistrati contabili di un nuovo ruolo di supporto agli amministratori pubblici: in sostanza viene previsto un controllo preventivo degli atti, superato il quale gli amministratori non rischieranno più di incorrere in processi per danno erariale. L'Associazione magistrati della Corte dei Conti in una lettera aperta alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha espresso dubbi sulla riforma, "nella convinzione che sia nostro dovere di magistrati fare ogni tentativo per evitare che scelte poco meditate possano danneggiare le istituzioni della Repubblica".
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