Il commento a Otto e mezzo del procuratore di Napoli sulla riforma della Giustizia promossa dal Guardasigilli
“La separazione delle carriere non servirà a nulla. Non accelererà di un solo minuto i processi, ma sarà l'atto finale che metterà il pubblico ministero sotto il controllo dell'esecutivo”. Lo ha dichiarato ieri il procuratore capo di Napoli, Nicola Gratteri, ospite di Lilli Gruber su La7. Un vero e proprio atto d'accusa contro la riforma della giustizia promossa dal ministro Carlo Nordio e contro una parte significativa della stampa, che non perde occasione per attaccare la magistratura. Nemmeno quando si tratta di sostenere dichiarazioni che potrebbero compromettere strumenti investigativi di grande utilità nelle indagini contro la criminalità organizzata, come le intercettazioni. “Carlo Nordio, prima ancora di diventare ministro della Giustizia, ha iniziato a sostenere che le intercettazioni costano troppo. Poi ha affermato che i mafiosi non parlano al telefono. Infine, in Parlamento, ha parlato di 'sputtanamento' delle persone indagate sui giornali. Ma non è vero. Già con la riforma Orlando era impossibile per le forze dell’ordine trascrivere intercettazioni non pertinenti all'accusa”, ha precisato Gratteri. Il magistrato ha inoltre contestato le affermazioni del ministro, spiegando che il costo effettivo di un’intercettazione telefonica è di circa tre euro al giorno, una spesa irrisoria rispetto ai risultati ottenuti grazie a questo strumento investigativo. “Ogni volta che effettuiamo arresti su larga scala, sequestriamo milioni di euro. In un’indagine, con due mesi di intercettazioni su un hacker, abbiamo sequestrato 36 milioni in bitcoin, poi convertiti in euro e trasferiti nel Fug (Fondo Unico Giustizia)”. Durante il botta e risposta con Lilli Gruber a Otto e Mezzo, Gratteri ha avuto anche l’occasione di interrogarsi sulla coerenza di Nordio. Ha ricordato infatti il passato del ministro come magistrato, un passato in cui lo stesso Nordio ha fatto ampio uso delle intercettazioni. “Chi è il vero Nordio? Quello di allora o quello di adesso?”, si è chiesto Gratteri. Il ministro, in Parlamento, ha parlato anche di “sputtanamento” delle persone indagate sui giornali, riferendosi alla divulgazione di informazioni che potrebbero danneggiarne la reputazione. “Ma sono termini da usare?”, ha commentato il procuratore. Infine, non è mancato un riferimento ai quotidiani italiani che, ogni mattina, pubblicano articoli ed editoriali con l’unico scopo di attaccare il lavoro dei magistrati, senza offrire un reale contraddittorio o un’analisi equilibrata. “La magistratura - ha spiegato - non ha questo potenziale per narrare e spiegare. Penso che dovrebbe attrezzarsi. Parliamo di giornali in rosso - ha aggiunto - che da anni vendono meno di mille copie” e vanno avanti grazie ai finanziamenti dello Stato. Un vero paradosso: da un lato, lo Stato finanzia giornali critici nei confronti della magistratura; dall’altro, non fa nulla per fornire ai magistrati strumenti adeguati per far comprendere il loro lavoro all’opinione pubblica.
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Foto © Imagoeconomica
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