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Bartolomeo Parrino, avvocato del giornalista Pino Maniaci, ha chiesto oggi davanti alla corte d’appello di dichiarare l'inammissibilità dell'appello e la conferma della stessa sentenza assolutoria di primo grado.
Ha sostenuto inoltre che debba essere riconosciuta l'assoluta estraneità dell'imputato ai fatti processuali.
Il procuratore generale Giuseppe Fici aveva chiesto alla corte d’Appello di Palermo nove anni e mezzo e 4 mila euro di multa.
Il volto storico dell'emittente televisiva Telejato di Partinico si trova imputato nel processo d'appello nato dall'operazione di polizia Kelevra del 2016. Maniaci in primo grado era stato assolto dalle accuse di estorsione e condannato per la diffamazione a un anno e 5 mesi nei confronti del giornalista Michele Giuliano, dell'artista Gaetano Porcasi e dell'operatore tv Nunzio Quatrosi.
Sull’accusa di estorsione, Parrino ha citato l’esame di Pino Panettino, portavoce dell’ex sindaco di Borgetto Gioacchino De Luca: “A domanda della difesa: lei ha mai fatto richieste minacciose per conto di De Luca, tipo ‘se De Luca non mi paga la bolletta metto questo servizio in TV’? No mai, non c’è mai stata una minaccia di questo tipo, no.”
E ancora: “Nei servizi di Telejato, c’è mai stato un momento in cui De Luca pagando una bolletta ha evitato un servizio? No, o pagava la bolletta o non pagava la bolletta, ho detto sempre che i servizi Maniaci li faceva sempre.” L’avvocato ha poi enfatizzato: l’intento di “De Luca era comunque cercare di tenersi buono Maniaci, ma non c’è mai stato nessun rapporto estorsivo, o quantomeno non c’è mai stato nessun rapporto che possa configurare, quelli che vengono definiti, gli elementi costitutivi legati all’estorsione.”
Sulle diffamazioni, Parrino ha difeso il ruolo di Maniaci come giornalista: “De Luca aveva la possibilità di poter dire la sua opinione, di poter giustificare, spiegare se era vero l’attacco o meno, dare comunque una sua interpretazione. Certo, andava là e spiegava dal suo punto di vista.”
Parrino ha chiesto l’inammissibilità dell’appello: “Io credo che l’appello da questo punto di vista meriti una declaratoria di inammissibilità perché in primo grado il Pubblico Ministero forse ha dimenticato di chiedere la riapertura dell’istruttoria ma forse non aveva nessuna intenzione di chiederla perché sapeva benissimo che non poteva spremere un limone spremuto più di tanto.”
L’avvocato, inoltre, ha poi puntato sulla prescrizione dei reati e sull’inammissibilità dell’appello della Procura, analizzando il casellario giudiziario del suo assistito e la normativa sulla recidiva.
Sulla prescrizione delle diffamazioni, Parrino ha dichiarato: “L’ultimo punto dell’articolo 99 ci dice, come chiusura, che quando si applicano le conseguenze della recidiva a un nuovo reato, l’aumento della pena che il giudice può applicare non dovrà superare la somma delle pene inflitte con le condanne precedenti del reo, relative ai reati non colposi.” E ancora: “Maniaci ha una condanna a giorni 15 come somma totale delle condanne. La recidiva, in primo grado, non poteva superare i giorni quindici. La recidiva, per le nostre querele, non può superare i giorni quindici. Pertanto le querele si sono prescritte. Sei anni ordinaria, sette anni e mezzo prorogata, mettiamoci quindici giorni, otto anni, vogliamo arrivare a nove, sono decorsi dieci anni.” Ha poi aggiunto: “I reati sono completamente estinti per prescrizione, ma ribadisco. Questa naturalmente è l’interpretazione di questa difesa, poi le signorie vostre avranno modo di verificarlo.”
Sull’estorsione, la richiesta finale: “Detto ciò, credo che posso concludere dicendo che riteniamo che per quanto riguarda i reati di estorsione dovrebbe essere dichiarato inammissibile l’appello e quindi confermata la sentenza di primo grado.”  L’udienza è stata rinviata al 28 marzo 2025 a mezzogiorno per la decisione della Corte presso la 4° sezione penale della Corte d’Appello.

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