"Com’è possibile che non esista un monitoraggio in tempo reale, a disposizione di forze dell’ordine e procure antimafia?" A chiederselo è la Commissione parlamentare antimafia dopo aver appreso dell'inchiesta condotta da Repubblica su numerosi boss scarcerati per fine pena, per motivi di salute o per permessi premio, e il cortocircuito nella comunicazione tra i Tribunali di sorveglianza e le direzioni distrettuali antimafia.
Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), ha fornito una lista alla commissione presieduta da Chiara Colosimo, che sul caso ha aperto un’indagine. Decine di nomi importanti della galassia mafiosa.
La questione principale sul fronte scarcerazioni, spiega Salvo Palazzolo sulle colonne di Repubblica, riguarda il monitoraggio dei boss in libertà. Monitoraggio che non si può fare se il Dap non comunica tempestivamente e in modo adeguato alle Dda e alle forze dell’ordine sul territorio i provvedimenti dei giudici di sorveglianza.
Uno degli ultimi ad annoverare la lista dei "detenuti modello" è Lorenzo Tinnirello, il boss di Corso dei Mille condannato all’ergastolo per il suo coinvolgimento nelle stragi di Capaci e via d’Amelio. A lui è stato concesso un permesso premio di sei ore. Tinnirello afferma di aver avviato un percorso di revisione critica del proprio passato, e il giudice di sorveglianza di Milano ha deciso di dargli fiducia. Tuttavia, la procura ha un'opinione differente e ha impugnato la decisione, sospendendone l'efficacia. La questione sarà discussa in udienza il prossimo 30 aprile.
Secondo la legislazione, per ottenere permessi premio devono venir meno due aspetti fondamentali: l’attualità della partecipazione all’associazione criminale e il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata. Anche se i fatti di cronaca recente hanno dimostrato che non sempre ciò è avvenuto.
Secondo Franca Imbergamo, sostituta della procura nazionale antimafia, servono anche altri requisiti. Nel parere negativo espresso per il caso Tinnirello ha scritto che: "La Corte Costituzionale ha sottolineato che la presunzione di pericolosità sociale del detenuto che non collabora, pur non più assoluta, non è certo superabile in virtù della sola regolare condotta carceraria o della mera partecipazione al percorso rieducativo e nemmeno in ragione di una sola dichiarata dissociazione".
Essere un detenuto modello non è sufficiente per un mafioso condannato all’ergastolo. La Procura Nazionale richiama due sentenze della Corte di Cassazione, che stabiliscono ulteriori criteri, oltre alla riforma dell’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario, introdotta con il decreto legge 162 del 2022. Quest’ultimo stabilisce che, per accedere ai benefici penitenziari, i detenuti devono dimostrare di aver adempiuto agli obblighi civili e di riparazione pecuniaria derivanti dalla condanna o di trovarsi nell'assoluta impossibilità di farlo.
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