Il mistero si infittisce: forse un collegamento con la squalifica al Giro d’Italia avvenuta il 5 giugno 1999
Sono trascorsi 21 anni dalla tragica scomparsa di Marco Pantani. Il “Pirata” venne trovato senza vita il 14 febbraio 2004 all'interno della sua camera d'albergo, presso l'hotel Le Rose di Rimini, a seguito dell'assunzione di un mix letale di cocaina e farmaci antidepressivi. Nonostante gli anni trascorsi, la vicenda del noto ciclista continua ad essere ancora avvolta nel mistero. Tuttavia, nuove indagini potrebbero far luce sulla sua morte, in particolare attraverso una possibile connessione tra la sua scomparsa e la squalifica al Giro d'Italia avvenuta nel 1999. La Procura di Trento, infatti, ha aperto un nuovo filone investigativo che mira a collegare la presunta manipolazione del test antidoping di Madonna di Campiglio che lo portò alla squalifica dalla gara con la sua tragica morte. Si tratta di un'ipotesi che la famiglia Pantani sostiene da molto tempo, convinta che il campione non sia stato solo vittima di sé stesso, ma di un sistema che lo ha prima distrutto sportivamente e poi abbandonato a un destino tragico. Dietro la clamorosa squalifica al Giro d'Italia del '99, potrebbe esserci, infatti, l'ombra della Camorra. La teoria su cui si concentra l'inchiesta è che il test antidoping di Pantani sia stato alterato, e non per un caso isolato o per una questione sportiva, ma per favorire il giro di scommesse clandestine gestito dalla Camorra. La sua esclusione dal Giro d'Italia, che stava dominando, avrebbe garantito, infatti, enormi profitti a chi aveva scommesso contro di lui. Questo sospetto non è nuovo, ma il fatto che la Procura di Trento stia acquisendo documenti da diverse città italiane - Rimini, Forlì, Roma e Napoli - lascia intendere che vi siano elementi concreti su cui lavorare. D'altro canto, la Procura di Rimini, che già lo scorso anno aveva chiesto l'archiviazione dell'ultima inchiesta sulla morte del Pirata, continua a sostenere che Pantani sia morto per un mix di droga e farmaci assunti volontariamente. Una tesi che non ha mai convinto la famiglia, tantomeno gli avvocati, i quali continuano a insistere sul fatto che la versione ufficiale non tenga conto di alcune discrepanze mai del tutto chiarite. Per questo motivo, i legali della famiglia Pantani hanno presentato opposizione alla richiesta di archiviazione e attendono che il giudice per le indagini preliminari decida se chiudere il caso o avviare ulteriori accertamenti. Nel frattempo, la Procura di Trento ha già interrogato poliziotti e testimoni che erano presenti nell'hotel Le Rose il giorno della morte di Pantani e si appresta a sentire anche infermieri e medici che intervennero sul posto. Questo potrebbe essere un passaggio cruciale, considerando che già in passato la commissione antimafia aveva ascoltato alcuni di loro sulla questione. Uno degli aspetti più controversi che riguardano la morte di Marco Pantani è la dichiarazione di Fabio Miradossa, il pusher condannato per aver fornito la dose letale di cocaina al ciclista. Miradossa, durante un'audizione davanti alla commissione antimafia, ha affermato che “Pantani è stato ucciso”. Tuttavia, non ha mai fornito prove concrete o elementi sufficienti affinché la Procura potesse aprire una pista investigativa alternativa. Questo, però, non ha fermato i legali della famiglia Pantani, che sostengono di aver raccolto nuovi elementi attraverso indagini private e che presto presenteranno nuovo materiale per supportare la loro tesi. “In questi mesi abbiamo portato avanti le nostre indagini difensive che offrono una versione dei fatti diversa da quella a cui sono arrivati gli inquirenti. Quando sarà ora - hanno precisato i legali - depositeremo il nuovo materiale”.
Fonte: Il Resto del Carlino
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