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I magistrati: non c’è stato nessun tentativo di depistare le indagini

Il procuratore capo di Caltanissetta, Salvatore de Luca, l’aggiunto Pasquale Pacifico e la sostituta Nadia Caruso hanno chiesto e ottenuto l’archiviazione per Antonio Federico, ex sovrintendente di polizia, di Alcamo, assistito dagli avvocati Vito Galbo e Maurizio Miceli, che negli anni '80-'90 era in servizio al commissariato di Alcamo (Trapani).
L’accusa era di depistaggio sulle indagini per verificare la presenza di soggetti esterni a Cosa nostra nella fase ideativa ed esecutiva delle stragi di Capaci e di via d’Amelio del 1992. Accusa poi derubricata in false dichiarazioni al pm e quindi non più punibile ai sensi dell’articolo 376 del Codice Penale.
La vicenda si intreccia con due distinti filoni che meritano di essere approfonditi.
Il primo inizia con il nome di Nunzio Purpura, agente del Sisde di Palermo dal 1997 al 2004 deceduto due anni fa, che secondo gli inquirenti sarebbe stata la fonte confidenziale che avrebbe fatto ritrovare la fotografia che probabilmente ritraeva Rosa Bellotti ad Antonio Federico. Bellotti, ricordiamo è indagata dalla Dda di Firenze e secondo i magistrati sarebbe (sottolineiamo il condizionale) “l’esecutrice materiale che ha guidato la Fiat Uno grigia imbottita di esplosivo sottratta alla proprietaria (…) condotta in via Palestro per colpire il PAC” (Padiglione d'Arte Contemporanea ndr) nell'ambito della strage a Milano del 27 luglio 1993. Circostanza che la donna ha sempre negato.
Tuttavia nella richiesta di archiviazione, riportata ieri dal Fatto Quotidiano’, i magistrati di Caltanissetta scrivono che in seguito alle indagini delle Dda di Firenze “è emerso con certezza che l’effige fotografica rinvenuta da Federico ritraesse Rosa Belotti”, ma che la figura della donna non è “mai emersa in relazione alle attività di indagine svolte” e “non risulta avere alcun legame con ambienti istituzionali ricollegabili ai servizi di sicurezza”. Inoltre, il Dna recuperato a Capaci e comparato con quello di Belotti “ha dato esito negativo”.
Quest'ultima frase è collegata alle indagini sulla strage di Capaci proprio perché nelle vicinanze del cratere è stato ritrovato “un guanto in lattice contenente anche un profilo di Dna femminile di cui non è stata, ad oggi, mai chiarita la provenienza”.
I pubblici ministeri avevano accusato l’ex poliziotto di non avere chiarito i dettagli in merito alla consegna di quella fotografia.
In particolare il 21 novembre 2022, l'ex poliziotto era stato ascoltato dai magistrati nisseni proprio per avere “informazioni sulla fonte istituzionale”, di cui “mai aveva fornito elementi utili all’individuazione”.
Federico era già intercettato, quindi i magistrati – si legge nella richiesta di archiviazione – hanno individuato “con elevata probabilità” che la fonte è “Nunzio Purpura, all’epoca dei fatti in servizio presso i Sisde a Palermo”.
In quattro diversi interrogatori, tra il 1997 e il 2022, con i magistrati di Trapani, Reggio Calabria, Catania e Firenze, Antonio Federico non aveva mai detto il nome del suo informatore - in prima battuta identificato con 'Mark' - e quando si trovò davanti ai pm di Caltanissetta negò “che la sua fonte potesse identificarsi in Purpura”. Una “dichiarazione falsa”, scrivono i magistrati, “per non coinvolgere in alcun modo nelle indagini” l’ex 007. A gennaio dell’anno successivo, Federico è interrogato dai magistrati fiorentini e questa volta svela l’identità di Purpura.
Perché rivelò il nome della fonte a Firenze e non a Caltanissetta?
E perché tale fonte gli fece ritrovare la fotografia?
Per l’accusa, Federico, non ha fornito informazioni false ai magistrati di Caltanissetta con la “specifica finalità di depistare le indagini in corso”, perché a quel punto si tratterebbe “di una singolare ipotesi di depistaggio selettivo”, avendo poi confermato tre mesi dopo a Firenze chi era la sua fonte. Quindi “appare poco probabile che un soggetto qualificato come Federico, se avesse voluto realmente depistare le indagini, non si rendesse conto che le successive dichiarazioni avrebbero senza dubbio reso palese” la falsità della precedente versione. Visto e considerato che le indagini sulle stragi del 1992 e del 1993 si svolgono in costante coordinamento tra gli uffici competenti sotto la Procura Nazionale Antimafia” e che Federico è stato “ascoltato pure dalla commissione parlamentare antimafia”. “Seppur la spiegazione alle dichiarazioni false” che Federico “ha fornito nell’ultimo interrogatorio, legata ad un non meglio specificato timore per la propria incolumità, – scrivono i magistrati – non appare convincente, anche perché nel lasso cronologico tra i due” interrogatori di Caltanissetta e Firenze, “nulla è cambiato che potesse determinare il dissipare di tale timore, non si ritiene tuttavia raggiunta la prova all’elemento psicologico” del depistaggio.


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La complessiva attendibilità dell'ex poliziotto

Nella richiesta di archiviazione è emersa “una evidente progressione dichiarativa” da parte di Federico “che desta certamente qualche dubbio in ordine alla complessiva attendibilità” dell’ex poliziotto. Nell’interrogatorio di gennaio 2023, Federico aveva “affermato di essere stato lui a fare un collegamento tra la foto rinvenuta ad Alcamo e l’identikit di una donna coinvolta nelle stragi nel 1993 apparso sui media”, mentre nel secondo interrogatorio di settembre 2024, aveva “affermato che è Purpura a parlargli espressamente di un collegamento della ‘donna effigiata nella foto’ nelle stragi”. Resta il fatto, scrivono i pm, che si trattava di “una fonte de relato e che tutti gli aspetti di rilevo hanno come fonte primaria Purpura, soggetto certamente ambiguo per come emerso nelle indagini”, ormai deceduto.
L'inchiesta, in cui emergerebbe il coinvolgimento di Federico, riguarda un procedimento più ampio in cui è indagato l'ex senatore alcamese Baldassare Lauria, accusato dal collaboratore Armando Palmeri (poi deceduto all’improvviso nel 2023) di aver organizzato nella primavera del '92 incontri tra il capomafia alcamese Vincenzo Milazzo con uomini dei servizi segreti.
Palmeri aveva raccontato gli incontri tra l’uomo d’onore alcamese Vincenzo Milazzo ed altri esponenti, “mai identificati con certezza”, che sarebbero “appartenenti ad apparati deviati dello Stato”. Incontri che sarebbero stati “mediati dalla presenza del medico e politico (ex senatore di Forza Italia) alcamese Lauria Baldassarre”. Vicenda giudiziaria già conclusa con l’archiviazione.


Le parole dei legali Maurizio Miceli e Vito Galbo

"Finisce il calvario giudiziario di un servitore dello Stato, l'ex ispettore di polizia Antonio Federico, per cui è stato emanato decreto di archiviazione dal Gip di Caltanissetta, prosciogliendolo dall'accusa di depistaggio aggravato sulle indagini per verificare la presenza di soggetti esterni a Cosa nostra nella fase ideativa ed esecutiva delle stragi di Capaci e di via d’Amelio del 1992" hanno detto gli avvocati Maurizio Miceli e Vito Galbo, dopo aver preso visione dei motivi dell'archiviazione. "Il decreto, nel fare proprie le ragioni del pubblico ministero scolpite nella richiesta di archiviazione - hanno detto i legali - riconosce come Federico abbia tenuto riserbo per tanto tempo per ragioni legate anche alla tutela dell'incolumità propria e dei suoi cari e alla custodia delle fonti, rivelandole soltanto innanzi alla Procura di Firenze, a distanza di anni, condividendo il proprio ingombrante sapere". "Soltanto dopo le dichiarazioni rese agli inquirenti fiorentini, infatti, è stato iscritto un procedimento penale con questa accusa decisamente infamante - hanno aggiunto i due legali - dissoltasi dopo aver rinnovato la propria disponibilità ad essere interrogato per oltre cinque ore nella sede della Direzione nazionale antimafia, compulsato da due eminenti procuratori di Firenze e di Caltanissetta. Federico ha cercato, per quanto possibile, di chiarire alcuni aspetti che le autorità vaglieranno. Un servitore dello Stato che ha rivelato di propria sponte quanto di sua conoscenza alla procura fiorentina, senza indugi e senza sospettare di poter essere indagato per questo. Adesso è un uomo libero tanto da censure penali quanto dal peso di alcuni segreti su vicende così rilevanti della parte più tragica della storia nazionale".

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