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"Abbiamo visto da parte di un alto vertice istituzionale il ribaltamento dei fatti e la costruzione della presunta congiura: che trasforma l'atto obbligato di un pm in una deliberata volontà di indagare". A dirlo, intervistato da "La Repubblica” è Giovanni Salvi, già Procuratore in Cassazione commentando lo scontro tra politica e magistratura dopo il caso Almasri. "Basta che un presidente del Consiglio, lo dico con il massimo rispetto verso quel ruolo, muova contro un procuratore raccontando che esiste un complotto ai danni del governo perché quella affermazione si auto-alimenti - prosegue - con una velocità e una violenza che destano preoccupazione. Cosa resti poi del vincolo di fiducia tra cittadini e istituzioni, lo vedremo". Salvi mette in relazione ciò che è accaduto negli Usa con l'assalto a Capitol Hill con l'attacco di Meloni alla Procura di Roma. "C'è un filo rosso. Mi colpiva un elemento della vittoria di Trump. In virtù di quella campagna, metà del Paese pensa che le incriminazioni per la rivolta di Capitol Hill - spiega - siano frutto di una persecuzione e non di un assalto documentato, con irruzione, violenze, feriti". "C'è una continua aggressione da parte di chi ha insofferenza verso qualunque forma di controllo: della magistratura ordinaria, della Corte dei Conti, dell'Anticorruzione", aggiunge. Una cosa già vista "con Berlusconi. Dai calzini del giudice Mesiano in poi. Ma c'è di nuovo la pervasività dei social. La notizia in 5 righe va a reti unificate - conclude - trattandosi del premier: e consegna una verità rapida e chiusa. Mezzi vecchi e aspetti nuovi: un meccanismo molto pericoloso".

Foto © Imagoeconomica

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