Ddl Sicurezza e “Terrorismo di piazza”: misure contro le proteste violente, ma cresce il timore di una politica della paura
“Il progetto del governo mi pare che ci allontani dallo stato di diritto e riduca la responsabilità di chi può esercitare la forza”. Sono state queste le parole che l’ex magistrato Roberto Settembre (in foto) ha pronunciato pochi giorni fa, parlando ai microfoni del Fatto Quotidiano, a commento dell’ultima tendenza intrapresa dal governo, che vorrebbe attuare uno scudo penale in favore delle forze dell’ordine. In pratica, si tratta di un provvedimento che dovrebbe garantire la tutela degli agenti nel caso in cui dovessero essere coinvolti in reati durante l’attività di servizio. Sulla vicenda, l’ex magistrato Settembre, figura chiave nella sentenza sul caso Bolzaneto durante il G8 di Genova, ha espresso il suo pieno dissenso: “In Italia - ha spiegato - ci sono circa 300 mila persone che indossano la divisa, che possono per lavoro utilizzare un’arma. Io ho fiducia nelle forze dell’ordine, posso pensare che la grande maggioranza di loro sia ben addestrata e ben valutata. Ma ci può essere sempre chi è portato a usare in modo sproporzionato il potere e la forza di cui dispone. E l’unico modo per mettere al sicuro i cittadini è la responsabilità. Chi compie un’azione, anche se con la divisa, deve esserne responsabile”. Dunque, per l’ex magistrato, lo “scudo penale” non solo rischia di consumare questa responsabilità, ma potrebbe favorire anche un clima di maggiore insicurezza da parte dei cittadini nei confronti delle forze dell’ordine.
L’obiettivo dichiarato dal ministero della Giustizia e da Palazzo Chigi sembra essere quello di evitare che gli agenti, nonostante prove evidenti a loro favore, vengano iscritti nel registro degli indagati, con tutte le conseguenze negative che ciò comporta, come la sospensione dal servizio e l’eventuale perdita dello stipendio. A spingere verso questa direzione sarebbero stati soprattutto gli ultimi eventi di cronaca, come quello del maresciallo Luciano Masini, indagato per eccesso di legittima difesa dopo un intervento in cui ha ucciso un aggressore che aveva ferito quattro persone. Oppure i recenti scontri che si sono verificati per le strade di Roma e Bologna, durante i quali diversi manifestanti hanno protestato per il caso di Ramy Elgaml, il 19enne morto il 24 novembre scorso in un incidente avvenuto durante un inseguimento con i carabinieri. Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, criticando gli episodi di violenza, ha spiegato che “non si può utilizzare una tragedia per legittimare la violenza”. Nello specifico, l’idea sviluppata sotto la supervisione del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, su richiesta della premier Meloni e sostenuta da Fratelli d’Italia, prevede due interventi principali. Il primo è la modifica delle modalità di iscrizione nel registro degli indagati, che diventerebbe possibile solo se emergessero prove chiare, e non più come procedura automatica. Il secondo riguarda il trasferimento della competenza dalle procure ordinarie al procuratore generale delle corti d’appello, con la speranza che questi ultimi adottino un approccio meno severo nei confronti degli agenti.
Inoltre, l’iniziativa si inserisce all’interno di un altro contesto molto più ampio, che riguarda il ddl Sicurezza, in discussione al Senato. Questo prevede altre misure a tutela delle forze dell’ordine, come pene più severe per chi si oppone ai pubblici ufficiali, l’introduzione di un reato specifico per le lesioni subite dagli agenti e l’acquisto di bodycam per migliorare la trasparenza delle operazioni. A ciò si dovrebbe aggiungere anche il patrocinio legale gratuito agli agenti coinvolti in procedimenti penali legati al loro servizio, insieme all’idea avanzata da FdI che vorrebbe introdurre un nuovo tipo di reato: il “terrorismo di piazza”, pensato per contrastare in maniera ancora più dura le manifestazioni che sfociano nella violenza.
Contestualmente alle polemiche che si sono innescate a seguito di quest’ultima mossa intrapresa dal governo, si è acceso anche il dibattito politico. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi ha parlato di “importanti tutele aggiuntive a quello che è il lavoro complicato delle forze dell’ordine”. Mentre - ha reso noto l’Ansa - l’ex ministro del Lavoro ed esponente Pd Andrea Orlando ha parlato di “prove generali per uno Stato di polizia”. Tornando alle dichiarazioni rilasciate al Fatto Quotidiano da Roberto Settembre, l’ex magistrato ha specificato che, dopo gli eventi del G8 a Genova, l’abuso di potere ha lasciato cicatrici profonde nel Paese, che rendono ancora più difficile ricostruire un clima di fiducia. Lo “scudo penale” non farebbe altro che aggravare ulteriormente questa situazione, finendo col sostituire la fiducia con il timore. E i segnali già ci sono. “Vedo che ci stiamo spesso allontanando dallo stato di diritto - ha spiegato Settembre -. È successo anche nel caso dell’iraniano Abedini, con il ministro della Giustizia Carlo Nordio che ha deciso la sorte dell’ingegnere prima ancora che la magistratura si pronunciasse. Oltre a un affievolimento dello stato di diritto e del principio di responsabilità - ha aggiunto l’ex magistrato - mi preoccupa molto il venire meno dell’obbligatorietà dell’azione penale”.
Foto © Imagoeconomica
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