Dietro “il non luogo a procedere” anche lo “zampino” della Riforma Cartabia
Tutti prosciolti. Si chiude così l’udienza preliminare sull’inchiesta relativa alla Fondazione Open, con un non luogo a procedere pronunciato dal giudice Sara Farini. Matteo Renzi (in foto) e gli altri 10 imputati, tra cui esponenti del cosiddetto “Giglio magico”, sono stati scagionati da tutte le accuse. “È tutto finito”, hanno esultato gli avvocati difensori all’uscita dall’aula, celebrando quella che definiscono una “vittoria” per l’ex premier e i suoi collaboratori. La decisione del gup si basa sull’impossibilità di formulare una ragionevole previsione di condanna, applicando una formula introdotta dalla riforma Cartabia. L’avvocato Federico Bagattini, difensore di Renzi, ha commentato che il giudice ha celebrato le esequie di un “processo nato morto”, ricordando come già tre sentenze della Cassazione e una della Corte costituzionale avessero stabilito che non sussistevano reati, invalidando anche i provvedimenti di sequestro. Le accuse, mosse dai pm Luca Turco (prossimo al pensionamento) e Antonino Nastasi, ruotavano attorno alla presunta natura di Open come articolazione di partito, usata per aggirare le norme sul finanziamento ai partiti. Secondo la procura, tra il 2012 e il 2018 la Fondazione avrebbe raccolto 7,2 milioni di euro, spesi in parte per sostenere l’attività politica della corrente renziana del Pd. Tra gli episodi contestati, un movimento di 700 mila euro dal gruppo Toto all’avvocato Alberto Bianchi, parte dei quali, secondo l’accusa, sarebbero stati dirottati verso Open e il comitato per la riforma costituzionale. L’inchiesta aveva portato a perquisizioni a carico di finanziatori, non indagati, e al sequestro dell’archivio della Fondazione. Le indagini si erano estese anche a ipotesi di corruzione, coinvolgendo nomi come Maria Elena Boschi, Luca Lotti, Marco Carrai e gli imprenditori Alfonso Toto e Patrizio Donnini. Tuttavia, la difesa ha progressivamente demolito l’impianto accusatorio, ottenendo importanti decisioni favorevoli, tra cui l’annullamento della Cassazione di sequestri e l’invalidamento dell’acquisizione di chat e-mail di Renzi, ritenuta illegittima dalla Corte costituzionale. Gli avvocati difensori, tra cui Filippo Cei per Carrai e Lorenzo Pellegrini per Boschi, hanno espresso soddisfazione per l’attenzione del giudice nello sviluppo dell’udienza.
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