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La riforma della giustizia sulla separazione delle carriere per i magistrati, approdata due giorni fa in Parlamento, è stata bocciata dal presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati, Giuseppe Santalucia. "Ne parleremo diffusamente in assemblea straordinaria, ma lo abbiamo già detto: è una riforma sbagliata perché non affronta i veri problemi della giustizia – ha detto ai microfoni di Adnkronos –. Si concentra sulle relazioni di potere tra giustizia e gli altri poteri dello Stato. Secondo i proponenti, sembra essere una rivincita della politica sul giudiziario, un modo per chiudere la stagione di Mani Pulite i cui effetti, purtroppo, si avvertono ancora oggi".
Santalucia ha criticato aspramente il provvedimento definendolo "affrettato". "Se si analizza il testo con un approccio tecnico, ci sono più lacune che disposizioni autosufficienti. È un testo difficile da tradurre in legislazione ordinaria. La fretta dimostra che si tratta più di un'operazione simbolica, per dire 'abbiamo finalmente riformato la giustizia', senza però riformarla davvero. Si finisce solo per modificare i giudici". “Non c'è un intento punitivo nei confronti dei magistrati, ma c'è un intento punitivo nei confronti della magistratura come istituzione e ciò si ridonderà a svantaggio della collettività intera", ha aggiunto.
Una critica altrettanto decisa arriva contro l'estensione del divieto di pubblicare le ordinanze che applicano misure cautelari personali fino alla conclusione delle indagini preliminari. "C'è un problema di eccesso di delega: la legge parlava di custodia cautelare, ma ora si estende il divieto a tutte le ordinanze cautelari. Capisco l’intento del legislatore delegato, ma si tratta di una forzatura rispetto alla delega ricevuta". "Non capisco il senso di questa chiusura alla pubblicità: meglio pubblicare un testo per come è stato redatto dal giudice che affidarsi al riassunto di un giornalista perché, su alcuni aspetti tecnici, il riassunto potrebbe, incolpevolmente, tradire il senso, enfatizzare alcuni aspetti, svilirne altri e questo a detrimento della corretta informazione – ha sottolineato Santalucia -. Il processo deve essere trasparente perché è anche uno dei modi con cui si controlla il potere giudiziario; mettere il segreto è cosa pericolosa ma avrebbe un senso se fosse un segreto invincibile anche dalle pubblicazioni per riassunto: così è un segreto che può essere 'bucato' con una pubblicazione per riassunto, poco tutela i presunti diritti alla riservatezza. E dico presunti perché quando si raggiunge un grado di sviluppo dell'indagine, come l'emissione di un'ordinanza cautelare, io credo che i diritti dell'indagato a essere tutelato nella sua riservatezza non possano prevalere sul diritto della pubblica opinione a conoscere cosa è successo".
"Il segreto in quella fase è più funzionale al bisogno di preservare l'indagine da inquinamenti più che alla tutela della riservatezza; il processo è per sua natura pubblico ed è la cifra di una civiltà democratica di un Paese avere un processo pubblico: i processi segreti si fanno nei sistemi liberticidi e non certamente nei sistemi democratici – ha aggiunto -. Che tutti sappiano ciò che avviene nelle aule di giustizia anche nella fase delicata delle indagini preliminari quando viene in gioco la libertà". "Se un soggetto viene privato di un bene primario, la libertà, è bene che tutti sappiano perché il controllo pubblico è uno dei controlli più efficaci– ha concluso -. Si sono mossi più pensando agli interessi di alcune fasce di potenziali imputati che alla popolazione generale. Bisogna sapere perché si è arrestati dall'autorità giudiziaria e che tutti lo sappiano perché è una forma di controllo".

Foto © Imagoeconomica

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