Mafie, politica e massoneria ora dormiranno sonni tranquilli grazie ai 'Patrioti' e al nuovo bavaglio di regime
"La qualità della democrazia dipende dalla qualità del voto", affermava Libero Grassi, imprenditore vittima di Cosa nostra.
Ma da cosa dipende, a sua volta, la qualità del voto?
Essa deriva dalla presenza di un elettorato indipendente, consapevole e informato. Un cittadino che, anche grazie alla cronaca, è in grado di riconoscere se un candidato politico sia onesto o meno, se abbia avuto rapporti con la mafia, se abbia evitato di commettere azioni non penalmente rilevanti ma condannabili dal punto di vista sociale, se si incontra con esponenti mafiosi, se non si presti a ricatti o corruzione.
Ma cosa accadrebbe se i cittadini non avessero più accesso a queste informazioni? Potremmo ancora definire il voto come libero?
Secondo alcuni, evidentemente, un elettore privo di conoscenze è più facile da gestire e quindi preferibile.
Per questo il Governo e la maggioranza parlamentare che lo sostiene ha bloccato l'accesso a numerose informazioni rilevanti per l'ordinamento giuridico e l'amministrazione della giustizia: cosa si dicono un politico e un boss mafioso; come si decidono gli appalti; cosa emerge dalle intercettazioni sul traffico di droga; quali legami ci sono tra massoneria e mafia; come la mafia si riorganizza a Milano; di cosa sono accusati colletti bianchi e grandi imprenditori; come le mafie riescono a controllare eventi che orbitano attorno allo sport del calcio, la sanità e altri settori; e nemmeno se dietro la nomina di certi funzionari pubblici ci sono sistemi di favori o clientelismi.
Il grande pubblico ora, con il decreto legislativo approvato in consiglio dei ministri che impone il divieto di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare, potrà conoscere solamente le considerazioni personali e le sintesi dei cronisti.
In altre parole il governo impone ai giornalisti di far male il loro mestiere obbligandoli a non riportare le frasi di atti non coperti da segreto.
Perché, in fondo, chi ha bisogno di una democrazia informata quando si può avere una democrazia “protetta”? Protetta, ovviamente, dagli eccessi della verità e dalle scomodità dei fatti.
Questo in cosa si può tradurre?
L'elettorato, quando andrà a votare, non avrà più gli strumenti per decidere se un tale amministratore pubblico è ancora degno della fiducia popolare oppure si merita di essere allontanato dalla posizione i cui si trova.
Basta ricordasi della foto dei carabinieri che ritraevano l’ex consigliere comunale di Fratelli d’Italia Mimmo Russo assieme al boss dello Zen Sandro Diele. Nell'ordinanza erano citate anche le intercettazioni in cui il mafioso gli ricordava di essersi speso per favorirlo alle elezioni. Parole sue.
Senza andare troppo lontano è ancora recente la faccenda che ha riguardato l'ex presidente della regione Liguria Giovanni Totì.
Oppure che dire dell'indagine della Procura di Milano che ha ricostruito come agiva in Lombardia un consorzio formato da Cosa nostra, Camorra e 'Ndrangheta: il 'Consorzio' vantava peraltro contatti con il mondo della politica di Forza Italia e, soprattutto, di Fratelli d’Italia.
Dalla politica ci sono anche indagini che si riferiscono anche ad attività più mondane come quelle sportive: sempre rimanendo nel milanese non si può non pensare all'inchiesta che ha svelato il quadro fosco del mondo della curva Nord, nel quale interessi di natura economica, speculazioni e condotte delittuose si mescolavano con le attenzioni della ‘Ndrangheta sul mondo del tifo organizzato, dalla stessa considerato ulteriore terreno fertile nel quale affondare le proprie radici.
Passando dalle attività svolte alla luce del sole a quelle più nascoste si trovano gli intrecci tra criminalità organizzata massonerie deviate, organizzazioni che da sempre rivestono un enorme peso nel panorama politico. L'operazione ''Rinascita-Scott'' svelò in modo plateale questa relazione diretta tramite le parole dello stesso boss Luigi Mancuso: "La 'Ndrangheta non esiste più! ... una volta, a Limbadi, a Nicotera, a Rosarno, a ...c'era la 'Ndrangheta! ... la 'Ndrangheta fa parte della massoneria! ... diciamo ... è sotto della massoneria, però hanno le stesse regole e le stesse cose ... ora cosa c'è più? ... ora è rimasta la massoneria e quei quattro storti che ancora credono alla 'Ndrangheta! una volta era dei benestanti la 'Ndrangheta! ... dopo gliel'hanno lasciata ai poveracci, agli zappatori ... e hanno fatto la massoneria! ... le regole quelle sono! ... come ce l'ha la massoneria ce l'ha quella! perché la vera 'Ndrangheta non è quella che dicono loro..., perché lo 'ndranghetista non è che va a fare quello che dicono loro... perché una volta.., adesso sono tutti giovanotti che vanno.., vanno a ruota libera sono drogati!...".
Senza contare ciò che era stato raccolto sulla figura dell’ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli, condannato poi a 11 anni in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa.
E poi infine non si saprà più nulla sulla riorganizzazione di Cosa nostra a Palermo: cosa si stanno dicendo le famiglie e come si stanno spartendo le aree della città?
Cosa nostra è tutto fuorché finita: lo hanno confermato i blitz Bivio2, Stirpe e Tentacoli che hanno fatto venire a galla una mafia ristrutturata ed in grado di dominare il territorio attraverso la riscossione del pizzo, estorsioni, traffico di droga, mantenimento dei sodali in carcere e risoluzioni delle controversie.
Uno di questi capi è sicuramente Giuseppe Guttadauro, detto il "dottore", storico capomafia appartenente alla Famiglia del sobborgo Roccella di Palermo; a fine del 2019 è stato visto incontrarsi nei pressi di via Funnuta, a Brancaccio, con Giovanni Di Lisciandro, gestore dei proventi delle estorsioni. Il "dottore" dopo aver saldato il suo debito con la giustizia è andato a vivere a Roma, ma stando a Giuseppe Greco, 63 anni, (detto "il senatore" ed ultimo reggente del mandamento di Ciaculli) è stato detto a Guttadauro quando è sceso a Palermo "di preoccuparsi della sua zona…".
E poi ancora, tanto per fare un esempio tra tanti, l'operazione “Crystal Tower”: l’attività di indagine ha interessato il vertice della famiglia di Torretta - facente capo al mandamento mafioso palermitano di Passo di Rigano che rappresenta un "persistente e saldo legame" tra Cosa nostra americana e siciliana, come specificato dai carabinieri - colpendo Raffaele Di Maggio (figlio dello storico boss Giuseppe 'Piddu i Raffaele' Di Maggio), affiancato da Ignazio Antonino Mannino, anche lui con una funzione "direttiva e organizzativa", e da Calogero Badalamenti, a cui sarebbe stata affidata l'area di Bellolampo.
Tutto questo per il governo non è opportuno raccontarlo agli elettori.
Grazie a queste lungimiranti scelte legislative possiamo finalmente dormire sonni tranquilli: niente più fastidiosi dettagli sulle collusioni tra politica e mafia, niente più interferenze con la serenità degli elettori, niente più "gogne mediatiche". Un'Italia libera, dove il cittadino può votare al buio, con la rassicurante certezza di non sapere nulla di compromettente sui propri rappresentanti.
Foto © Imagoeconomica
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