Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Il Presidente della Repubblica: "Impronta neofascista della strage del ’69 è emersa con evidenza"

Il tema delle stragi non è un tema soltanto giudiziario, non è un tema che riguarda il passato, ma è un tema che è sempre stato e resta di scottante attualità politica. Perché le stragi neofasciste non sono state eseguite e realizzate soltanto dagli esecutori neofascisti che sono stati individuati e condannati: le sentenze sulla strage di Piazza Fontana, le sentenze sulla strage di Bologna, le sentenze sulla strage di Brescia hanno accertato che dietro gli esecutori neofascisti c'erano pezzi del sistema di potere italiano, settori dello Stato deviato.
In particolare la strage alla Banca Nazionale dell’Agricoltura del 12 dicembre del 1969, che provocò 17 morti (14 subito) e ne ferì altre 88, è stata una strage atlantista di Stato, compiuta dal gruppo filonazista Ordine Nuovo (fondato da Pino Rauti), molto vicino e collegato con i servizi segreti italiani e con l'intelligence Usa.
Sono verità granitiche ricordate oggi dallo stesso Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: "La strage che, 55 anni or sono, colpì Milano, a Piazza Fontana, fu espressione del tentativo eversivo di destabilizzare la nostra democrazia, imprimendo alle Istituzioni una torsione autoritaria. Una ferita nella vita e nella coscienza della nostra comunità, uno squarcio nella storia nazionale. Il 12 dicembre 1969 fu una giornata in cui i terroristi intendevano produrre una rottura nella società italiana, con ordigni fatti esplodere anche a Roma, generando caos e generalizzazione della violenza. Seguirono tentativi di depistaggio e di offuscamento della realtà. L’impronta neofascista della strage del ’69 è emersa con evidenza nel percorso giudiziario, anche se deviazioni e colpevoli ritardi hanno impedito che i responsabili venissero chiamati a rispondere dei loro misfatti. La pressante domanda di verità da parte dei cittadini ha sostenuto l’impegno e la dedizione di uomini delle Istituzioni, consentendo di ricomporre il criminale disegno e le responsabilità".
I responsabili sono Franco Freda e Giovanni Ventura, come afferma una sentenza della Cassazione del 2005, anche se non possono più essere condannati perché definitivamente assolti per lo stesso reato nel 1987. L'unico di cui è stata riconosciuta processualmente la responsabilità è Carlo Digilio, militante di Ordine nuovo e informatore dei servizi USA, che ha confessato il suo ruolo nella preparazione della strage del 12 dicembre. 
Responsabili degli apparati dello Stato il colonnello Gianadelio Maletti condannato in via definitiva per favoreggiamento degli autori della strage (ufficiale di Stato maggiore della Difesa, in seguito capo del controspionaggio del SID) e il capitano Antonio Labruna (braccio destro di Maletti e ufficiale del SID) condannato in via definitiva per aver favorito la fuga all’estero di attivisti dell’estrema destra vicini a Franco Freda.
Non si tratta di complottismi o dietrologia, ma di fatti consacrati con sentenze della Cassazione e analizzati da Commissioni di inchiesta parlamentare.
Dalle carte del parlamento - datate 26 aprile 2001 - emerge che l'alleato americano "o comunque la NATO, erano informati in tempo reale del dispiegarsi della strategia della tensione. E solo inizialmente, attraverso i loro uomini, tentarono di impedire un attentato. Poi scelsero di rimanere inerti o, peggio, scelsero di consentire ai loro uomini (come Digilio e Marcello Soffiati) di diventare parte attiva nella organizzazione delle stragi".
Al loro fianco hanno operato settori "dell'oltranzismo atlantico ben annidati dentro le istituzioni". Una definizione coniata da Aldo Moro nel suo memoriale.
Digilio e Soffiati, non va dimenticato, erano ex repubblicani e tra i più validi agenti "della rete informativa degli USA operante nel Triveneto con base al comando FTASE di Verona".
L'allora Capitano dell'Arma Massimo Giraudo nel rapporto del maggio 1996 realizzato dal ROS (Raggruppamento operativo speciale) scrisse: "L'attività del Digilio Carlo si concretizzò principalmente nel Triveneto, anche se non mancarono incarichi per missioni all'estero".
Suo superiore diretto era Sergio Minetto, ex combattente della Repubblica di Salò, aderente all'associazione combattentistica Stahlhelmen (Elmetti d'acciaio), diventato caporete CIA per il Triveneto. "I suoi superiori di nazionalità statunitense inseriti all'interno delle basi NATO", è scritto nel rapporto del ROS, "furono il capitano David Carrett, a suo dire di stanza dal 1966 al 1974 presso la base FTASE di Verona, e il capitano Theodore Richard detto Teddy, di stanza dal 1974 al 1978 presso la base SETAF di Vicenza. Entrambi gli ufficiali facevano parte della US Navy, la Marina militare USA".
Sopra i capitani, secondo Digilio, c'era il colonnello Frederick Tepaski, uomo CIA di stanza in una base NATO della Germania federale.
La strage di Piazza Fontana, così come tutte le altre stragi riconducibili alla strategia della tensione, farebbe parte di un "progetto politico" attuato a colpire lo Stato democratico e tra le cui fila vi si possono trovare membri "dell'eversione nera", "parti importanti della mafia, di Cosa nostra e della 'Ndrangheta, spesso attraverso la mediazione attiva di logge massoniche deviate divenute il punto di incontro di capi dell'eversione e di boss mafiosi".
Un 'pool' di forze reazionarie che durante la conferenza all'Istituto Pollio del 1967 - presenti anche Rauti e Stefano Delle Chiaie - ha decretato l'attuazione delle stragi come metodo di lotta politica. E le stragi si fecero.
Il parlamento ha individuato lo scopo di tale progetto nella "stabilizzazione autoritaria" e nel "rafforzamento di una sorta di 'cordone sanitario' contro la sinistra". E poi ancora: "Le stragi sono state compiute e i responsabili per lungo tempo hanno potuto sottrarsi all'autorità giudiziaria per il semplice motivo che quelle stragi, quelle bombe, quelle azioni militari erano organizzate o promosse o appoggiate da uomini delle istituzioni italiane" e "da uomini legati alle strutture di intelligence statunitensi".
È questo dunque lo scheletro dell'ultima guerra combattuta in Italia: una guerra "psicologica", non "ortodossa", combattuta da un esercito senza stemmi e senza bandiere.
In 15 anni, tra il 1969 e il 1984, in Italia sono avvenute otto stragi politiche dalle caratteristiche simili: piazza Fontana (12 dicembre 1969), stazione di Gioia Tauro (22 luglio 1970), Peteano (31 maggio 1972), Questura di Milano (17 maggio 1973), piazza della Loggia a Brescia (28 maggio 1974), Italicus (4 agosto 1974), stazione di Bologna (2 agosto 1980), rapido 904 (23 dicembre 1984). 
Centocinquanta i morti, oltre seicento i feriti. 
Sono tutte stragi che sono state accompagnate da depistaggi da parte di organismi di Stato e per molte di queste non vi sono ancora colpevoli, complici, esecutori o mandanti.
Nonostante questo non possono essere archiviate come 'storia del passato', sono invece la rappresentazione plastica di come è stato gestito il potere in Italia: una classe dirigente assassina ha usato lo strumento delle bombe per incanalare l'espressione politica del paese sotto la protezione e la sollecitazione dell'alleato americano.
In un tempo di pericoloso revisionismo storico come questo è necessario ricordare i fatti incontrovertibili che sono accaduti per evitare che i nuovi leader (democraticamente eletti) portino avanti un lento processo di erosione della democrazia, completando il disegno politico già delineato da Licio Gelli nel piano di Rinascita Democratica: l'instaurazione di una Repubblica autoritaria (Premierato o Presidenziale che sia) e la conseguente soppressione delle libertà costituzionalmente garantite. 

ARTICOLI CORRELATI

Servizi Segreti sempre più potenti diventano padrini 'legittimi' di stragi e delitti

Stragi neofasciste e di mafia, Scarpinato: maggioranza le ignora. Piste portano a casa loro

Servizi segreti, stragi e delitti. Il lato oscuro del potere agli 007

Scarpinato: il filo nero delle stragi collega passato, presente e futuro del Paese

12 dicembre 1969, strage di Piazza Fontana, una ferita sempre aperta

Nel Pantheon di Fdi non vi può essere Paolo Borsellino assieme a Rauti e Maletti

 

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos