A processo anche l'ex poliziotto Giovanni Peluso. Al centro molti dubbi sulla gestione del collaboratore Pietro Riggio
Il Gup del tribunale di Caltanissetta Graziella Luparello ha rinviato a giudizio il generale dei carabinieri - oggi in pensione - Angiolo Pellegrini e il suo collega Alberto Tersigni, anche lui oggi in quiescenza. L'accusa è di depistaggio perché, secondo i magistrati, dopo non avere approfondito le dichiarazioni rese da un collaboratore di giustizia, avrebbero mentito ai pm nisseni che chiedevano loro chiarimenti, ostacolando le indagini. Con loro va a giudizio, con l'ipotesi di concorso esterno in associazione mafiosa, anche l'ex poliziotto Giovanni Peluso.
La richiesta di rinvio era stata formulata ad ottobre scorso.
Al centro della vicenda le dichiarazioni fatte dal collaborante Pietro Riggio, ex agente della polizia penitenziaria e vicino ai clan, durante il processo sulla trattativa Stato-mafia e nel processo Capaci bis. Riggio, originario del Nisseno, aveva detto di avere raccontato ai due ex ufficiali di un progetto di attentato contro il giudice di Palermo Leonardo Guarnotta, da compiere nel 2000.
Pellegrini e Tersigni, secondo la Procura di Caltanissetta, avrebbero ostacolato le indagini "finalizzate ad acquisire elementi per comprovare l'autenticità delle dichiarazioni di Riggio".
Ulteriore punto da chiarire è la gestione del collaboratore: Pellegrini, oggi di 82 anni, sempre nel processo Trattativa Stato-mafia aveva detto di avere conosciuto Riggio come personaggio disponibile a dare indicazioni sull’ex boss di Cosa nostra Bernardo Provenzano, all'epoca (2001) ancora latitante.
Ma la Procura generale di Palermo ad aver espresso seri dubbi partendo dalla considerazione che fino al maggio 2001 non si trovano documentazioni sul rapporto confidenziale avviato mesi prima.
Graziella Luparello © ACFB
“La mancanza di relazioni di servizio, o di appunti riservati, nei primi 16-17 mesi della pluriennale interlocuzione tra la Dia di Palermo ed il pregiudicato e confidente Pietro Riggio è significativa - aveva affermato il sostituto procuratore generale Giuseppe Fici rivolgendosi alla Corte d'Assise d'Appello, presieduta da Angelo Pellino - Non sono mai state redatte relazioni e appunti riservati? E perché, se così è? Come si fa a gestire in questo modo, quando poi nella fase successiva è ben documentato come correttamente deve essere gestito un rapporto di questo genere? E' sparito tutto? E perché? Sono domande a cui non si può e non si deve sfuggire nel valutare le circostanze riferite dal Riggio che non sono state confermate dai due ufficiali dei carabinieri, prime fra tutti il progetto di attentato al dottor Guarnotta, ma anche il disinteresse all'idea del Riggio, che aveva in mano la fascetta di banconote, che con una microspia avrebbe potuto viaggiare verso Provenzano”.
Vi sarebbero anche alcuni documenti che meriterebbero un approfondimento. Perché mentre Tersigni aveva assicurato in aula di non aver mai avuto a che fare con Riggio prima del maggio 2001, vi sarebbe un documento, rinvenuto in una carpetta, “in cui si documenterebbe già da gennaio 2001 il coinvolgimento del Tersigni. Il periodo è quello delle famose intercettazioni preventive per la vicenda Peluso. Un appunto del 21 gennaio 2001”. “Ci sono annotazioni a penna – aveva illustrato ancora Fici – e si fanno dei riferimenti a omicidi successivi che fanno dubitare della data del gennaio 2001, però c'è questa criticità”. Nel documento vi sarebbero anche dei riferimenti alle attività criminali riferite dal Riggio. Pellegrini, raggiunto da La Repubblica, aveva allontanato da sé ogni responsabilità ("Se ho commesso qualche errore l’ho fatto certamente in buona fede") ribadendo il proprio impegno nella lotta alla mafia.
Tutti questi elementi potranno trovare forse adeguato riscontro nel processo che inizierà il 14 gennaio al tribunale di Caltanissetta.
Foto di copertina © Imagoeconomica
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