Il libro è inserito nella collana “Terrorismo Italiano” di RCS Mediagroup per la Gazzetta dello Sport
“La strage di Peteano”, di Felice Casson, è un viaggio nell’Italia dei depistaggi, con magistrati, carabinieri, poliziotti, politici e uomini dello Stato impegnati a impedire la scoperta della verità. Si tratta di una strage di matrice neofascista in cui, oltre 50 anni fa, tre carabinieri vennero uccisi dall’esplosione di un’auto che gli ordinovisti friulani avevano imbottito di esplosivo. Era il 31 maggio 1972. Casson, oltre ad essere un ex parlamentare ed ex capogruppo in consiglio comunale a Venezia, è anche uno dei magistrati che hanno indagato sulla strage.
In questo libro, l’esistenza di Gladio costituisce il capitolo più eclatante e Casson lo ripercorre in prima persona. “Quando il 20 luglio 1990 entrai nel suo ufficio, Giulio Andreotti mi invitò a sedere sul divano, chiedendomi con una quasi impercettibile contrazione delle labbra: ‘Gradisce un caffè?’. Devo confessare che in un baleno mi passarono per la mente tutti i caffè della storia d’Italia che avevano avuto un esito infausto. Ma risposi subito: ‘Sì, grazie’. Quel caffè invece sarebbe andato di traverso al presidente della Repubblica Francesco Cossiga, già in rapporti politici tesi con Andreotti”.
Aveva molte cose da chiedere al presidente del Consiglio democristiano, per questo bevve quel caffè. Ne uscì con la conferma che sarebbe riuscito a svelare quello che oggi chiama “il segreto meglio conservato d’Italia: l’esistenza di una struttura clandestina denominata Gladio-Stay Behind”. Aveva già chiesto ad Andreotti lumi sui depositi disseminati nel Carso, di cui aveva trovato traccia, e che considerava “presuntivamente un punto di connessione tra servizi segreti ed eversori di destra”. “Il 2 luglio il premier mi rispose che non potevo vedere personalmente i fascicoli, fornendomi però alcune risposte che ritenni confuse e incoerenti rispetto a quanto risultava agli atti. Alla mia contestazione, che richiamava la non opponibilità del segreto di Stato, decise di cambiare atteggiamento e fissò l’incontro del 20 luglio”.
E dato che, come ha scritto Giuseppe Pietrobelli sul Fatto, la memoria non può essere prescritta, il giudice di allora – successivamente senatore per tre legislature – ha scelto di raccontare l'inchiesta condotta presso il Tribunale di Rialto. Un'indagine portata avanti in conflitto con molti colleghi e che, a partire da una strage per la quale nessuno sembrava voler trovare i colpevoli, scoperchiò un terremoto politico. Emerse l'esistenza di accordi segreti tra l’Italia e gli Stati Uniti, risalenti all'inizio della Guerra Fredda, di cui nemmeno il Parlamento era a conoscenza. Tra le rivelazioni, una rete paramilitare clandestina dotata di depositi di armi ed esplosivi, pronta ad agire in caso di invasione da parte delle truppe del blocco sovietico.
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