Pietro Orlandi: “Approfondire la pista londinese per scoprire le responsabilità del Vaticano nella sparizione di mia sorella”
“Colgo l’occasione per rinnovare, anche da questa sede, il mio appello al Santo Padre. Io mi auguro che riceva gli Orlandi: un contatto diretto potrebbe aiutare il lavoro di tutti quanti”. È stata questa la richiesta formulata pochi giorni fa da Laura Sgrò, legale della famiglia Orlandi, durante l’audizione della Commissione di inchiesta parlamentare che sta indagando sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. Delle due ragazze, appena 15enni, si sono perse le tracce a Roma nel 1983. Dopo 41 anni di indagini e numerose piste, che spesso si sono rivelate depistaggi talvolta accompagnati da veri e propri mitomani, il caso delle due giovani resta uno dei grandi misteri della cronaca italiana, ancora irrisolto e senza una conclusione capace di svelare tutti i suoi segreti. Per questo motivo, durante l’audizione, Sgrò ha sollevato diverse questioni sul caso e ha chiesto che il Papa riceva la famiglia Orlandi. La speranza, infatti, è che un incontro diretto possa finalmente favorire il raggiungimento della piena verità.
Le agende di Ciampi
Uno degli aspetti più rilevanti sollevati dal legale della famiglia Orlandi riguarda l’archivio storico della Presidenza della Repubblica e le agende dell'ex presidente Carlo Azeglio Ciampi. Sgrò, dopo aver precisato che la sparizione della figlia del commesso vaticano, in realtà, non ha nulla a che fare con quella di Mirella Gregori, ha spiegato anche che Ciampi teneva delle agende dettagliate che potrebbero contenere informazioni utili sulla concessione della grazia ad Alì Agca, l’uomo che ha attentato alla vita di Papa Giovanni Paolo II nel 1981. Secondo l’avvocato, la concessione della grazia potrebbe avere un legame diretto con il caso Orlandi. “A quanto pare il presidente Ciampi aveva delle agende meticolosissime, che sono state donate alla Presidenza della Repubblica. Il fatto che siano meticolose non lo dico io, lo dice il fatto che sono state consultate anche nel processo trattativa Stato-mafia e che alcuni stralci sono stati portati anche in dibattimento.” - prosegue - “È plausibile che ci siano degli appunti e la grazia ad Agca ha probabilmente a che fare con Emanuela Orlandi”.
Le chat e il segreto pontificio
Sgrò ha fatto riferimento a delle chat WhatsApp ricevute da Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, in cui - come ricordato dal Fatto Quotidiano - si parlava di documenti vaticani relativi alla scomparsa della ragazza. Il legale ha fortemente criticato il concetto di “segreto pontificio”, utilizzato per giustificare la mancanza di trasparenza, sottolineando che, se c’è un segreto, sarebbe meglio non dire nulla piuttosto che lasciare indizi ambigui. Per questo motivo, l’avvocato Sgrò ha auspicato che venga presto chiamata a testimoniare anche Francesca Immacolata Chaouqui, figura controversa e conosciuta per il suo ruolo come membro della Commissione referente sulle strutture economiche e amministrative della Santa Sede (COSEA), un gruppo istituito da Papa Francesco nel 2013 per riformare le finanze vaticane. La sua figura è divenuta centrale nello scandalo “Vatileaks 2”, che ha portato alla diffusione di documenti riservati riguardanti le finanze del Vaticano. In una chat del 2013 tra Chaouqui e monsignor Lucio Vallejo Balda, in cui si parlava di Emanuela Orlandi, si legge: “A settembre dobbiamo far sparire quella roba della Orlandi e pagare i tombaroli. Di questo devi parlare al Papa”.
L’Americano
L’avvocato Laura Sgrò ha anche parlato del personaggio soprannominato “l’Americano”, che in passato ha rivendicato il sequestro di Emanuela Orlandi e la cui identità è stata associata al fotografo Marco Fassoni Accetti, il quale ha successivamente dichiarato di essere lui l’Americano. Tuttavia, una perizia tecnica effettuata sulle registrazioni delle telefonate ha stabilito che la voce registrata, in realtà, non è quella di Accetti. “La famiglia Orlandi ha fatto fare una perizia di parte sulle voci delle audiocassette rinvenute, perché Marco Fassoni Accetti aveva detto di essere lui l’Americano, e dalla perizia - ha precisato il legale - risulta che la voce non è quella di Accetti”. Inoltre, “la voce di Accetti è stata messa anche in rapporto alla cassetta ritrovata in via della Dataria il 17 luglio 1983. Nel lato A della cassetta, i consulenti hanno stabilito che la voce non è la sua. Per quanto riguarda il lato B - ha aggiunto - i consulenti hanno detto che si tratta di un montaggio fatto ad arte, perché sono stati rinvenuti almeno 17 tagli sulla cassetta stessa, quindi sembra una costruzione fatta apposta”.
La pista londinese
Infine, l’avvocato ha parlato della pista di Londra, luogo dove Emanuela sarebbe stata condotta dopo il suo rapimento. In particolare, è stato tirato in ballo un ospedale psichiatrico dove la giovane sarebbe transitata. Questa ipotesi è sostenuta da un documento pubblicato dal giornalista Emiliano Fittipaldi, che elenca spese sostenute dal Vaticano per mantenere Emanuela in una struttura londinese fino al 1997, anno in cui si ipotizza che la ragazza sia morta. Queste carte non sono mai state verificate ufficialmente. Ma, ad avvalorare la pista londinese, ci sarebbero anche alcune fotografie consegnate a Pietro Orlandi da un uomo che ha detto di essere stato il “carceriere” di Emanuela, e di cui ora si sono perse le tracce. Nella foto consegnata appare una collanina che il fratello di Emanuela ha riconosciuto come appartenente alla sorella. A margine dell’audizione - ha fatto sapere Repubblica - Pietro Orlandi ha commentato proprio la pista londinese: “Io punterei personalmente sulla pista di Londra - ha spiegato -. Ci sono tante situazioni da verificare. Magari non ci sarebbe una risposta a tutto, ma sarebbe un punto importante che può eliminare le tante ipotesi su questa vicenda”. Soprattutto, “sarebbe la conferma delle responsabilità di alcune personalità all'interno del Vaticano, all'interno delle istituzioni italiane, come il ministero della Difesa, oltre che di persone delle istituzioni inglesi”.
Foto © Imagoeconomica
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