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L’intervista esclusiva all’ex magistrato sulle colonne de La Stampa

"In estrema sintesi (anche nel nostro Paese, dove la popolarità del calcio lo rende bersaglio privilegiato), sport professionistico e sport dilettantistico sono da tempo aree a grande rischio di contaminazione e inquinamento". A dirlo è l’ex magistrato Gian Carlo Caselli in un’intervista rilasciata questa mattina a La Stampa, parlando "delle infiltrazioni inquinanti nel mondo dello sport, dovute alla crescita esponenziale dei numeri degli investimenti e dei profitti per effetto di ingaggi milionari, sponsorizzazioni miliardarie e globalizzazione delle più rilevanti competizioni. Mentre a fronte di numeri enormi si registra una disciplina giuridica ancora inadeguata". Sottolinea Caselli: "Da decenni varie inchieste hanno messo in luce un sistema diffuso che si arricchisce con il calcio: gestendo scommesse, partite truccate, riciclaggio, bagarinaggio, controllo dei servizi fuori e dentro gli stadi. Ma l'aggravamento del problema ha recentemente portato la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo ad attivare un gruppo di magistrati incaricati di seguire i casi di infiltrazione criminale ed eversiva nelle società calcistiche e nelle curve. Vi è poi tutto l'universo del tifo. Fin dagli anni Novanta nelle curve è pesantemente presente la malavita, ma oggi il fenomeno è più esteso e più infiltrato dalle mafie vere e proprie". Secondo Caselli "è fin troppo chiaro che la politica e le società sportive devono aprire gli occhi e affrettarsi a chiudere le falle da cui tracimano veleni. Innanzitutto, conducendo la problematica delle attività illecite nello sport su un livello di primo piano nell'Agenda globale. Poi, va da sé che l'Italia deve dotarsi di strumenti operativi efficaci per il contrasto dei fenomeni illeciti nello sport. Ma non trattandosi di poveracci che rappresentano solo se stessi, dubito fortemente che ciò possa avvenire". 

Foto © Imagoeconomica

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