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Ignorate le interrogazioni parlamentari dell'onorevole Stefania Ascari del M5s

Silenzio tombale del governo sulle minacce e lo stato critico a cui sono sottoposti i collaboratori di giustizia. Basta andare sul sito della Camera per accorgersene: zero sono state le risposte dei vari ministri alle interrogazioni parlamentari presentate dalla onorevole Stefania Ascari del Movimento 5 Stelle. Gli attacchi ai collaboratori? Sciocchezze. La loro tutela? Una panzana. La revoca delle scorte di sicurezza e la confisca dei soldi che gli servono per vivere? Una vicenda senza importanza.
Per il Governo evidentemente la lotta alla mafia non è una priorità.
Una cosa è parlare e straparlare sulle passerelle delle commemorazioni antimafia; un'altra è occuparsi realmente del problema.
L'esecutivo si sarà ricordato che, come riportato nell'interrogazione del 20 marzo scorso, "si è osservato un crescente numero di casi in cui la scorta di sicurezza è stata revocata o ridotta" ai collaboratori e ad altre figure istituzionali e sociali senza una "valutazione adeguata"?
Il ministro dell'Interno non ha ancora risposto eppure un morto c'è già stato: "Salvatore Coppola, ex collaboratore di giustizia ucciso il 12 marzo 2024 a colpi di arma da fuoco nel quartiere di San Giovanni a Teduccio, Napoli. L'uomo non aveva più alcuna protezione", si legge.

Perché? Quali sono le basi con cui "vengono prese le decisioni relative alla revoca o alla riduzione delle scorte di sicurezza"? "Quali siano le procedure adottate per assicurare che tali decisioni tengano adeguatamente conto del livello di rischio corrente e, nel merito, se vengano presi in considerazione meccanismi per garantire una maggiore trasparenza e responsabilità in questo processo decisionale"?
In tema di minacce sarebbe opportuno che il governo (nei ministri dell'Interno e della Giustizia) si ricordasse di ciò che è accaduto al collaboratore Luigi Bonaventura e alla sua famiglia: "una serie di minacce di morte" come" riportato dal 'Quotidiano del Sud' in data 22 giugno 2024" ricorda Ascari nell'interrogazione del 4 luglio.
"L'assenza di supporto e solidarietà da parte delle istituzioni e delle organizzazioni antimafia rischia di isolare ulteriormente chi contro la mafia lotta, alimentando un clima di indifferenza che favorisce la criminalità organizzata" ha scritto la onorevole.
Sarebbe opportuno da parte del governo "avviare un'indagine per verificare l'efficacia delle misure di protezione attualmente in atto per i collaboratori di giustizia, e se necessario, migliorarle"?
Oppure "promuovere, in collaborazione con le autorità locali e le associazioni antimafia, iniziative volte a rafforzare la rete di sostegno e solidarietà attorno ai collaboratori di giustizia e alle loro famiglie, al fine di contrastare l'indifferenza e l'isolamento sociale che possono favorire l'azione della criminalità organizzata"?
Anche in questo caso la risposta è stata (finora) il silenzio.
Ma è l'interrogazione del 12 settembre la più difficile da digerire: quella in cui viene segnalato che Piera Aiello ha dichiarato che "il governo ha deciso che non vuole più collaboratori di giustizia". Parole che sono suffragate dal fatto che l'agenzia delle entrate, che risponde direttamente al ministero dell'Economia e delle Finanze, ha deciso di confiscare tutti quei soldi che servono ai 'pentiti' per rifarsi una vita dopo che hanno deciso di collaborare con lo Stato. Tale situazione "potrebbe pregiudicare gravemente il funzionamento del sistema giudiziario e la lotta contro la criminalità organizzata, che in Italia si avvale storicamente delle testimonianze di collaboratori di giustizia per ottenere condanne significative nei confronti dei membri delle organizzazioni mafiose.
I collaboratori di giustizia sono una risorsa fondamentale per le inchieste contro la mafia, poiché forniscono informazioni dall'interno delle organizzazioni criminali che altrimenti sarebbero difficilmente accessibili alle forze dell'ordine e alla magistratura. Un eventuale cambio di rotta nella gestione dei collaboratori di giustizia potrebbe comportare una minore efficacia nella lotta contro le mafie, mettendo a rischio anche la sicurezza di coloro che hanno deciso di collaborare con la giustizia, spesso a rischio della propria vita e di quella dei propri familiari" si legge nel testo.

Di tutto questo il governo se ne ricorda? O le risposte verranno date dopo il prossimo morto o la prossima strage?

Foto © Imagoeconomica

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