Errico Novi: “Si rischia un’anomalia di sistema, con derive delle Procure verso un potere eccessivo e superpoliziesco”
Il piano di riforma della giustizia proposto dal ministro Carlo Nordio, con il sostegno del governo guidato da Giorgia Meloni, punta a ridimensionare in modo significativo il potere politico attualmente esercitato dalla magistratura, in particolare dai pubblici ministeri (pm). L'obiettivo principale è quello di “smilitarizzare” la magistratura, riducendo l'influenza dei pm sui giudici e sul dibattito politico complessivo, un'influenza percepita come eccessiva e politicizzata. Questa è, in sintesi, l’analisi del giornalista Errico Novi nel suo articolo pubblicato oggi su “Il Dubbio”. “Sarà un’offensiva? Può darsi. Di sicuro, sulla giustizia Giorgia Meloni ha cambiato registro. E con lei, l’intera maggioranza. Ma dove può arrivare la ‘minaccia’ del centrodestra nei confronti della magistratura?” si chiede Novi. “In realtà - ha proseguito - a Palazzo Chigi e a via Arenula si comincia a mettere a fuoco un disegno più complessivo: portare la magistratura fuori dal conflitto politico, sottrarle il peso di potere antagonista, e ridimensionare, quindi, la valenza dell’Anm nel dibattito pubblico”.
Il cuore della riforma risiede nella separazione delle carriere tra giudici e pm, accompagnata dalla scissione dell'attuale Consiglio Superiore della Magistratura (Csm) in due distinti organi di autogoverno: uno per i giudici e uno per i pm. Una divisione che permetterebbe, almeno secondo chi ha promosso la riforma, di liberare i giudici dall'influenza dei pm e portare a una riduzione della politicizzazione della magistratura. Il problema relativo all’influenza dei pubblici ministeri nella politica e nel sistema giudiziario, ovviamente, è stato rimarcato soprattutto durante il cosiddetto “biennio berlusconiano”: un periodo in cui c'era una forte tensione tra il governo e la magistratura, con accuse reciproche di abuso di potere. Berlusconi ha spesso denunciato una sorta di “persecuzione giudiziaria” contro di lui e il suo partito, ritenendo che i pubblici ministeri usassero il loro ruolo per influenzare la politica. Il famoso biennio “persecutorio” è stato richiamato anche dal giornalista Novi nel suo articolo, collegandolo al recente caso che ha coinvolto Arianna Meloni, sorella dell'attuale premier. “Insomma: ristrutturare la separazione dei poteri in una forma più coerente con la Costituzione, e certamente rovesciata rispetto allo schema del ventennio berlusconiano, che non a caso Giorgia Meloni, nell’autodifesa sul presunto controllo ai danni di sua sorella Arianna, ha per la prima volta evocato come una deriva da non ripetere. Come ci si arriva? Con la separazione delle carriere, ‘of course’ - ha precisato Novi -. Perché secondo la visione dei più attenti, nel governo, alle dinamiche della magistratura, a cominciare da Carlo Nordio, il ‘divorzio’ giudici-pm consentirebbe di sopprimere per sempre l’egemonia politico-sindacale dei ‘requirenti’ rispetto ai colleghi ‘giudicanti’”.
Tuttavia, la riforma proposta dal guardasigilli non è priva di rischi. Uno dei principali timori è che, con la creazione di un Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) separato per i pubblici ministeri, questi ultimi possano sviluppare un potere eccessivo e autonomo, quasi “superpoliziesco”. “La ‘pancia’ dell’ordine giudiziario, composta in maggioranza da giudici civili, con giudici penali e pubblici ministeri in netta minoranza - ha precisato Novi - potrebbe mutare, dal nuovo assetto politico-ordinamentale delle due magistrature, un’idea diversa, un approccio meno ‘politicamente partecipe’, più laico e tecnicamente orientato nell’esercizio della funzione. Certo - ha proseguito - i pubblici ministeri resterebbero come sono, e anzi, un organo di autogoverno, un Csm tutto per loro, rischia di costituire un’anomalia di sistema, con inquietanti rischi di deriva delle Procure verso un potere 'superpoliziesco' sganciato da ogni controllo, fatta eccezione per il presidente della Repubblica. Ma è un rischio che Nordio, innanzitutto, e ora anche Palazzo Chigi, sono ben lieti di correre. In gioco - ha ribadito - c’è l’opportunità di allontanare quel 70 per cento di magistrati, che di processo penale neppure si occupano, da una concezione militante della giustizia, e dunque dalla stessa Anm”.
Fonte: Il Dubbio
Foto © Imagoeconomica
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