Il portavoce della Commissione europea per la Giustizia: “Modifiche che potrebbero ostacolare la lotta alla corruzione”
L’abuso d’ufficio (Articolo 323 del codice penale) non è più reato. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, arrivato all’ultimo dei 30 giorni che aveva a disposizione, ha promulgato nella giornata di ieri il disegno di legge del ministro Carlo Nordio, approvato in via definitiva dalla Camera il 10 luglio scorso. Dunque, il reato che riguarda i pubblici ufficiali che sfruttano la propria posizione per ottenere vantaggi personali o per terzi, è stato abolito. Di conseguenza, si stima che tra 3.000 e 4.000 persone condannate per questo tipo di reato, a seguito della depenalizzazione, potrebbero ora richiedere la cancellazione della propria condanna.
La legge proposta dal Guardasigilli ha suscitato molte critiche fin dall’inizio, sia a livello nazionale che europeo. Proprio l’Unione Europea, tramite il portavoce della Commissione per la Giustizia, Christian Wigand, aveva già avvertito che tali modifiche potrebbero depenalizzare forme importanti di corruzione, compromettendo la lotta contro questo fenomeno. Del resto, l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio va in direzione opposta alla Convenzione di Merida, il trattato internazionale adottato dall’Assemblea delle Nazioni Unite nel 2003, i cui obiettivi principali sono la prevenzione e la repressione della corruzione, la cooperazione internazionale nella lotta a questo tipo di condotta illecita e, infine, il recupero dei beni che sono stati sottratti illecitamente. Ma la decisione dell’Italia di ignorare la Convenzione di Merida non dovrebbe destare particolare meraviglia, e per diversi motivi. Tra questi, l’intervista al Presidente dell’Anac, Giuseppe Busia, che, già a febbraio 2023, durante il convegno organizzato dall’Università di Pisa 'La Convenzione di Merida compie vent’anni', aveva detto: “Purtroppo, la lotta alla corruzione è più sentita a livello internazionale che nazionale”. Ribadendo quanto la lotta alla corruzione sia conveniente per il Paese che la adotta, Busia ha proseguito ricordando che, proprio dal contrasto a questo tipo di condotta illecita, ne deriva sia un cospicuo risparmio in termini di risorse economiche, sia un aumento della credibilità del Paese sul piano internazionale, portando con sé anche un ragionevole e utile aumento degli investimenti.
Giunto al termine del suo discorso presso l’Università di Pisa, il Presidente dell’Anac Giuseppe Busia ha voluto ribadire: “La democrazia di un Paese si tutela grazie ad una profonda e diffusa cultura dell’anticorruzione, che veda partecipi tutti i soggetti: società civile, istituzioni, singoli, imprese”.
Ben oltre l’abuso d’ufficio
Oltre all’abrogazione dell’abuso d’ufficio, ampiamente criticata da molti esperti sia per la sua percezione come una misura a protezione dei colletti bianchi, sia per il rischio di sanzioni da parte dell'Unione Europea per il mancato rispetto delle direttive sulla lotta alla corruzione, la legge di riforma della Giustizia, promulgata ieri in extremis dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, contiene anche altre disposizioni.
Carlo Nordio
Intercettazioni e tutela del terzo estraneo
Per quanto riguarda le intercettazioni, non dovranno essere riportate le conversazioni e i dati relativi a soggetti non coinvolti nelle indagini, a meno che non siano considerati rilevanti. Nella richiesta di misura cautelare del pm e nell'ordinanza del giudice non dovranno essere indicati i dati personali di persone diverse dalle parti, a meno che ciò non sia indispensabile per l'esposizione degli elementi rilevanti. Il giudice sarà quindi tenuto a escludere le intercettazioni che contengono dati riguardanti soggetti estranei alle parti, qualora non siano essenziali.
Modifiche del traffico di influenze
Si restringe l'ambito di applicazione di questo reato. La mediazione viene ritenuta illecita se finalizzata a far compiere un reato ad un pubblico ufficiale. Sul piano sanzionatorio, aumenta il minimo edittale della pena: da 1 anno e 6 mesi a 4 anni e 6 mesi.Inoltre, viene eliminata l'ipotesi della 'millanteria', rimanendo perseguibili solo le condotte più gravi.
Contraddittorio, misure cautelari, collegialità e limiti all’appello
Il giudice dovrà procedere all'interrogatorio dell’indagato prima di disporre la misura cautelare, previo deposito degli atti, con facoltà della difesa di averne copia. L’indagato potrà così avere la possibilità di una difesa preventiva, prima di eventuali misure come la custodia cautelare in carcere. Inoltre, è prevista l'introduzione di un organo collegiale, composto da tre giudici, per l'adozione dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere, attualmente disposta da un giudice monocratico. Infine, anche se il provvedimento non riguarda i reati più gravi, i pubblici ministeri non potranno più fare appello contro le sentenze di assoluzione di primo grado.
Rischi e conseguenze possibili
Le modifiche introdotte mirano principalmente a tutelare la privacy delle persone, comprese quelle non direttamente coinvolte. Tuttavia, queste misure potrebbero comportare rischi significativi per l'amministrazione della giustizia. L'esclusione di alcune intercettazioni potrebbe infatti ostacolare l'emergere di prove rilevanti, complicando la ricostruzione del contesto delle indagini. Questo potrebbe inoltre portare a un aumento dei ricorsi, con contestazioni sulle decisioni relative all'esclusione di intercettazioni potenzialmente significative. Per quanto riguarda le modifiche al contraddittorio e alle misure cautelari, potrebbe aumentare il rischio di fuga dell’indagato, riducendo la protezione della collettività da individui potenzialmente pericolosi.
Fonte: Ansa
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