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Approvato al Senato il decreto proposto da Nordio

Il Senato ha approvato con la fiducia la conversione in legge del decreto sulle carceri approvato a inizio luglio dal Consiglio dei ministri su proposta del ministro della giustizia Carlo Nordio (non presente in Aula).
Con 104 favorevoli e 73 contrari il testo passerà alla Camera per l'approvazione finale.
Come previsto non ci sono misure per contrastare il sovraffollamento delle carceri ma solo una piccola semplificazione per ottenere le misure alternative: il numero di telefonate concesse ai detenuti viene invece aumentato da quattro a sei al mese e si autorizza l’assunzione di mille nuovi agenti di polizia penitenziaria.
Ritirata, invece, la proposta del capogruppo azzurro Pierantonio Zanettin di moltiplicare di otto volte (portandolo da sei mesi a quattro anni) il limite di pena inflitta entro cui si può usufruire della semilibertà.
Rinviato in commissione il ddl presentato alla Camera dal renziano Roberto Giachetti, con il quale si vorrebbe svuotare le carceri moltiplicando gli sconti di pena per "buona condotta", da 45 giorni a sessanta o addirittura a 75 ogni sei mesi.
L'ex procuratore generale di Palermo e oggi senatore Roberto Scarpinato in aula, durante il suo intervento, ha fatto notare che i numeri sull'emergenza carceraria sono gli stessi del lontano 2006 in termini di suicidi e di condizioni degradanti degli istituti penitenziari.
Una situazione che nel tempo si è ormai cronicizzata, ma qual'è il motivo?
"La risposta - ha detto Scarpinato - si trova nelle statistiche del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia sulla composizione sociale della popolazione detenuta in carcere per espiazione di pena. Quelle statistiche attestano che la percentuale dei colletti bianchi in espiazione in carcere, perché condannati con sentenza definitiva, è statisticamente così irrisoria che in alcuni anni non viene neppure quotata: nel 2014, su 60.000 detenuti, i condannati per reati di corruzione e reati economici erano soltanto 86 in totale".
Un dato, questo, che attesta il carattere "classista del sistema penitenziario italiano e spiega l'irredimibilità della questione carceraria in Italia".
Basti pensare che "il vasto e variegato mondo dei ceti superiori ha risolto da tempo efficacemente il problema del carcere, escludendolo per gli appartenenti a tali classi sociali e riservandolo soltanto ai ceti inferiori".
Un risultato che è stato raggiunto tramite "selettive ingegnerie normative": “Nel 2006, nonostante la situazione carceraria fosse sul punto di esplodere a causa del sovraffollamento determinato da una popolazione carceraria costituita quasi esclusivamente dalla criminalità comune, l'indulto fu emanato dopo una lunga e laboriosa contrattazione politica, solo a condizione che venisse esteso anche ai condannati per reati di corruzione, economici e persino per il reato di scambio elettorale politico-mafioso: poche decine di imputati eccellenti che non erano in carcere, ma rischiavano di finirci. All'uscita dal carcere di Palermo, un detenuto scarcerato a seguito dell'indulto dichiarò ai giornalisti: siamo grati ai grandi ladri di Stato, perché solo grazie a loro anche ai piccoli ladri di strada come me è stata data la possibilità di evitare il carcere".
Un modus operandi che questa maggioranza di governo si è attivamente "ed incessantemente impegnata a portare alle estreme conseguenze" riattivando "il metodo del doppio binario, già sperimentato ai tempi del Governo Berlusconi. Da una parte si aboliscono, si ridimensionano e si riducono le pene per i reati dei colletti bianchi; dall'altra, si introducono nuove figure di reato, si elevano le pene per i reati della gente comune e delle fasce popolari".
"In questo tripudio di legislazione classista si colloca anche il combinato disposto del decreto-legge sulle carceri e del pacchetto sicurezza in discussione alla Camera dei deputati
- ha detto l'ex magistrato - Nel decreto carcere, come hanno ampiamente spiegato gli altri colleghi senatori, prevale una logica di gestione securitaria delle carceri: nessuna soluzione immediata per il sovraffollamento e pannicelli caldi e le solite promesse di interventi per il futuro. Contemporaneamente, con il pacchetto sicurezza si lancia un messaggio intimidatorio ai detenuti che osano protestare in modo pacifico per le condizioni degradanti e inumane nelle quali sono costretti a vivere. Il pacchetto sicurezza prevede, infatti, l'introduzione nel codice penale di due nuove fattispecie di rivolta, applicabili ai fatti commessi negli istituti penitenziari e nei centri di trattenimento dei migranti, nei quali si qualifica come rivolta anche la resistenza passiva e il rifiuto di obbedire agli ordini impartiti, come per esempio il rifiuto di fare rientro nelle celle. Per questi atti di resistenza passiva il Governo prevede otto anni di galera".
In conclusione: "ordine e disciplina solo per gli ultimi e i penultimi; libertà di arricchirsi a spese della comunità e di abusare del loro potere per i signori dei ceti superiori. Questo, in estrema sintesi, il codice culturale di questa maggioranza. Una politica arrogante e politicamente insipiente. Il pianeta carcere è un vulcano destinato prima o poi ad esplodere. E quando questo accadrà il Governo sarà l'unico responsabile dinanzi al Paese, dimostrando ancora una volta la propria inadeguatezza a gestire la complessità della realtà".

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