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Per i giudici, l’ex presidente della Camera era consapevole che il cognato avesse "un forte interesse nell'affare"

“Risulta provato” che Gianfranco Fini “fornì il proprio contributo nell'operazione di riciclaggio relativa ai trasferimenti di denaro finalizzati all'acquisto dell'appartamento di Montecarlo, consistito, come contestato, nell'aver autorizzato la vendita della casa di Montecarlo ‘proposta da Giancarlo Tulliani', nella consapevolezza dell'incongruità del prezzo rispetto al valore di mercato e a favore della società offshore dei congiunti”. Lo hanno scritto i giudici della quarta sezione penale di Roma all’interno delle motivazioni che riguardano la sentenza con cui, il 30 aprile scorso, l’ex presidente della Camera è stato condannato a due anni e otto mesi per riciclaggio in relazione alla vendita della casa di Montecarlo, lasciata in eredità dalla contessa Annamaria Colleoni ad Alleanza Nazionale. Secondo l’accusa, la casa monegasca sarebbe stata acquistata da Giancarlo Tulliani, il cognato di Fini, a un prezzo decisamente inferiore al suo valore di mercato. Infatti, l’ex presidente della Camera, nonostante il parere contrario del partito, ha autorizzato la vendita della casa di Montecarlo nel 2008 per poco più di 300 mila euro. Tuttavia, il prezzo a cui è stata rivenduta la casa nel 2015 è di un milione e 360 mila dollari.


Le motivazioni della sentenza

“E' risultato con certezza che Fini nel 2008 si adoperò per introdurre il ‘cognato’ in ambienti dai quali potesse trarre fonti di guadagno. Giancarlo Tulliani - hanno scritto i giudici - era privo di un solido profilo professionale e le società che a lui facevano capo (Wind Rose srl in liquidazione, Wind Rose International srl in liquidazione, Giant Entertainment Group srl in liquidazione, Absolute Television Media srl, Dandylion sr.), compresa la Wind Rose srl presieduta dal padre Sergio Tulliani, non erano più attive o erano state volontariamente liquidate”. E ancora: “Su insistenza di Giancarlo Tulliani e della sorella, Fini si determinò a vendere l'appartamento di boulevard Princesse Charlotte, 14 in Montecarlo, che il partito aveva ricevuto in eredità dalla contessa Colleoni, nonostante la decisione contraria assunta in precedenza dal partito. Ciò accadde - si legge nella sentenza di 84 pagine - per le insistenze dei due fratelli, come precisato dallo stesso Fini.” - prosegue - “Risulta quindi che Fini autorizzò la vendita della casa proprio perché il ‘cognato’ era interessato all'acquisto. Risulta altresì che, contrariamente a quanto aveva fatto in occasione dell'acquisizione dell'immobile, lasciando al senatore Pontone completa autonomia, in occasione della vendita Fini gestì personalmente le trattative fissando il prezzo in 300.000 euro”. Dal momento che i giudici hanno concluso che Fini “era ben consapevole che il cognato aveva un forte interesse nell'affare”, l’ex presidente della Camera deve rispondere di “condotta di riciclaggio”. Infine, i giudici capitolini hanno concluso che il processo “non ha invece fornito alcun riscontro all'ipotesi accusatoria secondo cui il contributo materiale” di Fini “sarebbe consistito altresì nello stringere un'intesa con Francesco Corallo e nel favorire l'instaurazione e la prosecuzione di rapporti finanziari tra quest'ultimo e i membri della famiglia Tulliani”.

Fonte: Adnkronos

Foto © Imagoeconomica

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