Il procuratore capo di Napoli ha criticato l’abrogazione dell’abuso d’ufficio e la stretta sulle intercettazioni
“Da Tangentopoli in poi si è fatto di tutto per rendere più difficoltosa l’attività di indagine sui reati contro la pubblica amministrazione. Queste ulteriori modifiche non fanno altro che pregiudicare la nostra possibilità di fare indagini”. A dirlo ai microfoni del Fatto Quotidiano, a poche ore dall’entrata in vigore della “riforma Nordio”, è il procuratore capo di Napoli, Nicola Gratteri, che già in passato ha più volte criticato la direzione intrapresa dal ministro della giustizia, Carlo Nordio, in particolare sui costi delle intercettazioni e sulla loro limitazione.
Tra i punti principali del ddl Nordio troviamo l'abrogazione dell'abuso d'ufficio, che rende più difficile perseguire i reati commessi da funzionari pubblici, e le modifiche al traffico di influenze, che riconoscono l'illecito solo se una determinata mediazione è finalizzata a far compiere un reato a un pubblico ufficiale. Altri aspetti rilevanti includono l'interrogatorio preventivo, che deve avvenire almeno cinque giorni prima dell'arresto, e il nuovo bavaglio all'informazione, con il divieto di pubblicare l'avviso di garanzia, i dialoghi non riportati dal giudice e i dati di persone non indagate ma ascoltate. “L’idea che i sindaci avessero paura di firmare gli atti amministrativi per timore di essere indagati è ridicola. I sindaci - ha spiegato Gratteri parlando dell’abrogazione dell'abuso d'ufficio - prima di firmare potevano consultarsi con il segretario comunale, il viceprefetto, lo stesso prefetto, tutti esperti di diritto amministrativo. E invece si è deciso per l'abrogazione. Di questo passo sarà sempre più difficile indagare su colletti bianchi e Pubblica amministrazione. Se non è un regalo ai colletti bianchi, poco ci manca”.
Sul tema delle intercettazioni, Gratteri ha aggiunto: “Le intercettazioni sono uno strumento di ricerca della prova irrinunciabile. I loro costi, tutt’altro che eccessivi, vengono da sempre ammortizzati dalle centinaia di milioni che ogni anno entrano nelle casse dello Stato in seguito alle indagini delle forze dell’ordine coordinate dalle varie procure. Bisognerebbe prenderne atto una volta per tutte”. Ciò che ha destato particolare interesse è la riduzione dei costi delle intercettazioni. Secondo il Ministero della Giustizia, infatti, i costi delle intercettazioni sono diminuiti negli ultimi anni da 300 a 239 milioni. “La diminuzione delle spese - ha sottolineato Gratteri - si deve principalmente al nuovo listino rinegoziato dalla procura di Catanzaro nel 2022, successivamente adottato da altre procure e infine ratificato dal ministero della Giustizia. Con il nuovo accordo, i prezzi delle intercettazioni sono stati abbassati del 30%”.
Durante la sua intervista, il procuratore Gratteri ha criticato anche la centralizzazione dei server per conservare le intercettazioni. “La fuga delle notizie è sempre riconducibile a un fattore umano - ha precisato - non certo alla capacità di qualcuno di entrare nel server e acquisire informazioni sensibili. Piuttosto che affrontare il problema, si è deciso di rendere più farraginoso il meccanismo sulla protezione degli atti d'indagine. Chi sarà responsabile della password e dove verrà custodita? E se succede qualcosa all’unico che ne è responsabile, come si farà ad accedere alle informazioni custodite nel server?”.
Infine, il procuratore capo di Napoli ha commentato anche il limite di 45 giorni per le intercettazioni, poiché le organizzazioni criminali potrebbero aspettare il termine di questo periodo per agire. “Le indagini a orologeria non mi convincono. Chi ha introdotto questa misura non ha tenuto conto della capacità strategica delle organizzazioni criminali. E se un gruppo di rapinatori che sono oggetto di indagine decidono di agire al quarantaseiesimo giorno che faremo? Ce la prenderemo con il limite dei 45 giorni che non ci ha consentito l’acquisizione delle prove?”.
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