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La maggioranza al lavoro su una norma che aggiri il principio obbligatorietà dell’azione penale, indicando ai magistrati quali indagini priorizzare

Il governo Meloni tenta un nuovo assalto al sistema giustizia in Italia. L’esecutivo vorrebbe infatti imporre ai magistrati quali indagini fare e quali no, superando il principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale. La maggioranza aveva tentato di infilare una norma sul punto nel Ddl sulla separazione delle carriere ma l’idea è stata poi accantonata, come riporta Il Fatto Quotidiano. Adesso, però, lo stesso progetto, ma in altre forme, verrà rielaborato separatamente e ripensato con un preciso stratagemma: l’obbligo di indagare resterà sulla carta, ma sarà di fatto abolito tramite un ordine di precedenza stabilito dalla politica. E per farlo la maggioranza sfrutterà un assist fornito ormai tre anni fa dalla riforma penale dell’ex ministra della giustizia Marta Cartabia. A far intuire il piano è stato l’attuale Guardasigilli, Carlo Nordio, parlando a Il Messaggero: l’azione penale, ha detto, “resterà obbligatoria”, ma “con criteri di priorità che sono stati in parte già definiti dalla Cartabia”. La riforma varata dal governo Draghi, in vigore dal 2021, prevede che il Parlamento indichi “criteri generali” di priorità dell’azione penale: la maggioranza di turno, quindi, ora può contribuire a “selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza”, disegnando una “cornice” a cui i procuratori capo devono adeguarsi nei loro progetti organizzativi. Quella norma però è rimasta lettera morta: nessuno tra Cartabia e Nordio ha mai proposto un Ddl con l’indicazione delle priorità. Ci avevano pensato i senatori Pierantonio Zanettin (Forza Italia), e l’ex ministra leghista Erika Stefani ad avanzare la realizzazione di una prima bozza in questo senso. All’inizio dell’anno il loro testo è stato affrontato in Commissione Giustizia. Ma poi non se n’è più fatto nulla. Le parole di Nordio lasciano presagire che lo stesso progetto venga riesumato e che si possa accelerare nelle prossime settimane. E’ probabile che il governo stesso possa intervenire con propri emendamenti. Oppure il Guardasigilli stesso potrebbe presentare un suo testo, che però dovrebbe passare dal Consiglio dei ministri e iniziare da capo l’iter parlamentare. Analizzando il disegno di legge dei due senatori, si individuano tre criteri di cui i pm devono tenere conto: il primo è la “gravità dei fatti, anche in relazione alla specifica realtà criminale del territorio e alle esigenze di protezione della popolazione”. Cioè: precedenza alle indagini su criminalità organizzata, furti, stupri e rapine, in secondo piano quelle su corruzioni, traffici d’influenze e peculati, fattispecie che non mettono a rischio la sicurezza dei cittadini. I reati della pubblica amministrazione non rientrano nemmeno nella seconda priorità, che fa riferimento alla “tutela della persona offesa in situazioni di violenza domestica o di genere e di minorata difesa”. Un lodevole segnale di attenzione nei confronti delle cosiddette “fasce deboli”, che dimentica però tutte le altre vittime di reato.
Il terzo criterio è il più interpretabile, quindi il più fraintendibile di tutti: L’“offensività in concreto del reato, da valutare anche in relazione alla condotta della persona offesa e al danno a essa arrecato”. Anche qui non emergono appigli per un magistrato che volesse dare particolare spazio alle indagini per corruzione: quindi, in astratto, il Csm, segnala Il Fatto Quotidiano, potrebbe bocciare un progetto organizzativo di questo tipo per incompatibilità con la “legge-quadro”. Si dirà: se i reati dei politici non possono essere “prioritari”, non significa che non debbano essere perseguiti. Ma si tratta di una “truffa delle etichette”, come ha spiegato in Commissione il senatore M5S Roberto Scarpinato: “In una situazione di gravi carenze d’organico, con scoperture che arrivano all’80%, i ‘criteri di priorità’ si trasformeranno in criteri di archiviazione garantita dal legislatore. Una sorta di amnistia strisciante in violazione della Costituzione”.

Foto © Imagoeconomica

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