Non ne ha fatto mistero, anzi un esplicito vanto, il Ministro degli esteri Tajani, intervenendo ieri a Viterbo ad un evento organizzato da Maeci e Unesco: “La riforma della giustizia è in dirittura d'arrivo. La dedichiamo a Berlusconi”, parole dentro le quali si racchiude il significato profondo di questo tentativo, la cui paternità è di Berlusconi infatti, di mettere mano alla giustizia italiana per - a detta di chi scrive- rallentarne e depotenziarne l’azione, mentre per i sostenitori della stessa riforma serve a tutelare ancora di più i cittadini. Sempre Tajani, sempre ieri, ha chiarito ulteriormente questo passaggio, aggiungendo: “Un segnale importante, che va nella direzione di maggiore tutela dei cittadini e di esaltazione del giudice terzo. Ogni imputato avrà la possibilità di avere l’accusa e la difesa sullo stesso piano. Una vittoria che va nella direzione della tutela dei cittadini e che dedichiamo al nostro leader Silvio Berlusconi”.
La riforma interviene sulle disposizioni generali che disciplinano le impugnazioni, attuando i principi di delega relativi al rapporto tra azione civile esercitata nel processo penale e dichiarazione di improcedibilità dell'azione penale per superamento dei termini di durata massima del giudizio. Inoltre, il cosiddetto “correttivo Cartabia”, ridefinisce alcuni dettagli della recente riforma in tema di pene sostitutive e di giustizia riparativa, “ricalcando lo spirito e la riforma del disegno di riforma originario ed anzi, se possibile, esaltandone le caratteristiche di eccezionalità del mancato ricorso a detta strada come preferibile alternativa alla detenzione vera e propria”. L’arco temporale di sperimentazione concreta, del nuovo sistema, tuttavia, che già stava evidenziando difficoltà e carenze nelle strutture istituzionali che avrebbero dovuto sostenere la parte fondamentale perché pratica della riuscita di queste misure, è stato troppo breve e, anche laddove avesse già fornito segnali espliciti, non sembra avere ricevuto risposte nelle principali criticità che non attengono certo la parte giudicante ed iniziale dell’applicazione ma proprio la parte esecutiva e valutativa di preziose risorse procedimentali che tuttavia necessitano a loro volta di risorse economiche ed umane non disponibili sempre.
La riforma “Cartabia”
La precedente riforma della giustizia, “Cartabia” dal nome della Ministra della Giustizia che, durante il Governo Draghi (2021-2022) la propose, metteva in campo una serie di pene sostitutive, come la detenzione domiciliare, semilibertà, lavoro di pubblica utilità e pena pecuniaria per abbattere il problema del sovraffollamento delle carceri. Tra i limiti di questa riforma vi era sicuramente il fatto di contenere disposizioni che, nonostante le migliori intenzioni, allontanano dai principi fondamentali del processo penale.
Nel recente appuntamento congressuale dell’Associazione Nazionale dei Magistrati a Palermo , a cui ha partecipato anche il Ministro della Giustizia Nordio, la vicepresidente dell’Anm Alessandra Maddalena è stata chiarissima: «Bene che il Ministro abbia cambiato idea, decidendo di incontrarci e di essere presente al nostro congresso», ma «l’intenzione del Governo è alterare il disegno costituzionale che ha sancito l’indipendenza della magistratura, con una continua opera di delegittimazione».
Parole chiare, nette e ampiamente condivisibili. Il fantasma - e non solo quello a quanto pare - di Berlusconi aleggia ancora per le aule di tribunale della giustizia italiana: laddove non arriva la morte arriva l’opportunismo umano.
Foto © Imagoeconomica