L’ex pm del processo Trattativa Stato-mafia risponde alle domande del Fatto Quotidiano
“I rapporti di una parte della politica con ambienti contigui alla mafia sono ancora molto vivi e attuali. Il dramma è che più cresce l’indifferenza della cittadinanza, più aumenta il potere della politica contigua a Cosa Nostra”. Lo afferma Vittorio Teresi ai microfoni del Fatto Quotidiano, all’indomani del trentaduesimo anniversario della strage di Capaci. Nel mondo dell’antimafia si respira un clima di resa. “Purtroppo prevale l’indifferenza”, dice l’ex pm della Procura di Palermo, che oggi presiede il Centro studi Paolo e Rita Borsellino. E poi precisa: “Fermo restando il merito dei movimenti antimafia storici, che hanno cercato di mantenere alta l’attenzione pur nelle loro divisioni, la mia speranza è che i giovani facciano scelte un po’ diverse da quelle della mia generazione”.
Per l’ex magistrato che, tra le altre cose, ha fatto parte del pool del processo Trattativa Stato-mafia, “i rapporti di una parte della politica con ambienti contigui alla mafia sono ancora molto vivi e attuali. Il dramma è che più cresce l’indifferenza della cittadinanza, più aumenta il potere della politica contigua a Cosa Nostra”.
Un dato drammatico che ribalta la narrazione del Governo sul fenomeno mafioso. "A me pare che si muova nel solco di un giochino cominciato all’indomani delle stragi, nel 1994 - dice l’ex pm riferendosi alle riforme sulla giustizia promosse dal ministro Nordio -. All’epoca la politica cominciò a riempirsi la bocca della parola garantismo. Ma l’obiettivo era uno solo: limitare i poteri della magistratura e quindi limitare le indagini potenzialmente dannose per il potere. La politica non vuole essere processata, sia quella che è connivente con la mafia sia quella che agisce in un regime di diffusa corruzione. Le norme approvate in nome di questo finto garantismo agevolano questo obiettivo”. Per il presidente del Centro Studi Borsellino, queste manovre “favoriscono le lobby della corruzione e quelle in rapporti con la mafia. Ma non dico che sia voluto, è un fatto oggettivo: fare le indagini col trojan è un conto, non poterle fare diventa un problema”.
Infine, per Teresi mancano stimoli nella società civile. “32 anni sono troppi, la gente ha cominciato a dimenticare o ha fatto finta che quei problemi siano stati superati. C’è qualcosa di distorto in tutto questo”. “Chi è stato condannato per reati di contiguità mafiosa può anche avere il diritto di proporsi come guida politica. Dovrebbe, però, essere la gente a far sentire la propria lontananza da questi soggetti. Ma questo non avviene, anzi accade il contrario”, aggiunge riferendosi a Totò Cuffaro. “La colpa non è sua, ma di quelle 200 mila persone che voteranno per il suo candidato, se veramente saranno tante”, continua l’ex pm.
Foto © Paolo Bassani
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