Nel carcere siciliano di Rebibbia, secondo le rivelazioni del narcos pentito Fabrizio Capogna, i boss si portano telefonini “antintercettazioni” in cella per continuare a gestire gli affari; altri invece sarebbero in grado di falsificare gli esami clinici per poter scontare pene alternative al carcere.
Lo riporta 'Repubblica' specificando che per alterare i risultati di un test sulle urine facendosi passare per tossicodipendente ed essere quindi mandato in una comunità di recupero è piuttosto semplice. Basterebbe riempire il contenitore con l'urina di un altro detenuto dipendente dalle droghe: Io sono rimasto detenuto fino al mese di aprile 2021. Eravamo in isolamento al reparto G11 con Giancarlo Tei. Lui poi è andato in comunità anche se non è mai stato un tossicodipendente. A Rebibbia è facile farsi considerare tossici perché consegnano il contenitore delle urine la sera prima. Perciò la si può tranquillamente riempire con urina di un altro detenuto tossico" ha detto l’ex trafficante quarantenne al pm della Dda Francesco Cascini a dicembre del 2023.
Capogna ha raccontato questo trucco basandosi su ciò che ha visto fare da un suo compagno di cella, anche lui alto ufficiale del crimine romano, affiliato al gruppo del malavitoso albanese Elvis Demce. Il nome sarebbe quello di Giancarlo Tei, sabato scorso gambizzato a Tor Bella Monaca. Capogna ha inoltre aggiunto: "Credo che tutto ciò sia frutto di superficialità e non di corruzione, anche perché io stesso ho fatto questa cosa senza pagare nessuno".
Il trafficante pentito ha raccontato anche altri dettagli, questa volta in relazione all’impiego degli smartphone. Secondo le sue ricostruzioni in carcere si può parlare e messaggiare tranquillamente utilizzando programmi criptati: "Sempre a Rebibbia avevo un telefono criptato Sky Ecc che usavo assieme al mio compagno di cella. All’epoca su quella utenza mi contattò Elvis Demce".
Fonte: roma.repubblica.it
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