Per 19 chiesta l’aggravante mafiosa
di AMDuemila
Riconoscere l'aggravante mafiosa per 19 dei 46 imputati del processo di primo grado di Mondo di Mezzo, tra cui Massimno Carminati e Salvatore Buzzi. Questa la richiesta del ricorso in appello della Procura di Roma nell’ambito del processo “Mafia capitale”. Un ricorso che complessivamente riguarda 28 imputati.
Secondo gli inquirenti il gruppo criminale capeggiato da Massimo Carminati e Salvatore Buzzi ha dominato un settore d'affari con l'amministrazione comunale di Roma ricorrendo agli strumenti tipici del metodo mafioso.
Così la Procura di Roma ha presentato ieri appello rispetto alla sentenza del Tribunale di Roma che lo scorso 21 luglio aveva fatto cadere l’accusa di associazione mafiosa per 19 imputati del processo, tra cui i presunti capi Carminati e Buzzi. Rispetto alle richieste del procuratore Capo, Giuseppe Pignatone; degli aggiunti Paolo Ielo, Michele Prestipino e Giuseppe Cascini e del pm Luca Tescatoli, che avevano proposto per tutti gli imputati 5 secoli di carcere, i giudici della X Corte presieduta da Rosanna Ianniello a luglio avevano inflitto oltre 250 anni di carcere, dimezzando di fatto le pene richieste.
I pm, con questo atto, rilanciano ribadendo l’impianto accusatorio: “Siamo in presenza di una sola struttura criminale che ha tutte le caratteristiche previste dall'articolo 416 bis". Nel corso della requisitoria nel processo di primo grado, l'accusa aveva descritto il Mondo di mezzo come una mafia nuova senza esserlo davvero, che ha fatto il salto di qualità passando dalla strada agli appalti senza il bisogno di imporre la propria forza con la violenza potendo contare su un “capitale criminale originario” basato sulla storia criminale della banda della Magliana a cui si associava l’eversione nera.
Nelle motivazioni della sentenza i giudici hanno, pero' ribaltato l’impostazione affermando che mancano i tre punti cardine “necessari ed essenziali" nel definire il metodo mafioso ovvero "la forza d'intimidazione, intesa come capacità dell'organizzazione di incutere paura in virtù della sua stabile predisposizione ad esercitare la coazione; l'assoggettamento, inteso come stato di sottomissione delle potenziali vittime; l'omertà, intesa come presenza, sul territorio dominato, di un rifiuto generalizzato e non occasionale di collaborare con la giustizia".
Il giudizio di secondo grado potrebbe avere inizio già in primavera, nell'aula bunker di Rebibbia, dove sono depositati milioni di carte del processo.
I pm di piazzale Clodio non punterebbero ad una rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale piuttosto a una diversa lettura giuridica dei fatti, dati ormai per accertati, con il riconoscimento del 416 bis e dell'aggravante del metodo mafioso, a supporto dei vari episodi di corruzione che hanno spinto il tribunale a emettere comunque delle condanne pesantissime.
Mafia capitale, la Procura di Roma ricorre in appello
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