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odevaine luca c ansadi Emiliano Federico Caruso
2 anni e otto mesi più la restituzione di 250 mila euro, il patteggiamento finale formalizzato, tramite i suoi legali, da Luca Odevaine nell’ambito del maxi processo di Mafia Capitale.
Sempre elegante e attento alla sua immagine, Luca Odovaine, diventato poi Odevaine nel tentativo di sfuggire a due condanne a cavallo tra gli anni ’80 e ’90,  fu il primo a chiedere il patteggiamento di pena a maggio di quest’anno quando tra intercettazioni, fascicoli in mano alla Procura e continui versamenti di denaro sui suoi conti correnti, l’ex braccio destro di Veltroni non poteva più sperare in una difesa efficace. Una richiesta di patteggiamento, la sua, che costituì di fatto la prima ammissione di colpevolezza nell’immenso meccanismo di Mafia Capitale.
Ex vice capo di Gabinetto di Veltroni, Odevaine vanta un curriculum quasi sterminato tra ruoli professionali, impegni istituzionali e faccende capitoline: già capo della Polizia provinciale, direttore di centri per rifugiati politici, direttore dell’Ufficio decoro urbano e abusivismo edilizio oltre che delegato dell’allora sindaco alla Polizia municipale. Molto attivo a Roma nell’organizzazione di numerosi eventi religiosi, sportivi, istituzionali e in varie emergenze della Capitale, dalla gestione dei campi nomadi alle emergenze abitative (sfratti e occupazioni), dal coordinamento del volontariato della Protezione civile in vari disastri ambientali fino alla sua specialità assoluta: la gestione delle emergenze sull’immigrazione.
Approfittando del suo ruolo di primo piano nel Tavolo di coordinamento nazionale sull’immigrazione, Odevaine pilotava infatti gli appalti dell’affidamento degli immigrati a favore di cooperative, come “La Cascina”, la “29 giugno” e la “Domus Caritatis”, collegate ai due nomi più importanti dell’inchiesta Mafia Capitale: Salvatore “Il Rosso” Buzzi e il suo sodale Massimo “Il Nero” Carminati. Una gestione illegale, quella di Odevaine, talmente ben collaudata che il Ras delle cooperative gli versava 10 mila euro mensili fissi, che diventavano 20 mila in caso di aggiudicazione dei vari appalti.
I 250 mila euro sarebbero quelli delle tangenti versate nel corso delle gare vinte da “La Cascina” per la gestione del C.a.r.a. (Centro accoglienza richiedenti asilo) di Mineo, quando Odevaine riuscì a truffare un bando di gestione da 100 mln di euro per conto dei dirigenti de “La Cascina” Carmelo Parabita, Domenico Cammisa, Salvatore Menolascina e Francesco Ferrara i quali, a gennaio di quest’anno e nell’ambito dello stesso filone di indagini, chiesero e ottennero un patteggiamento di due anni e sei mesi (due anni e otto mesi nel caso di Ferrara).
Questo per quanto riguarda solo le tangenti de “La Cascina”, ma l’ex capo di gabinetto dovrà rispondere, insieme alla coppia Carminati/Buzzi, di altri 151 mila euro in presunte mazzette. Rimane ora al Giudice per le indagini preliminari, Flavia Costantini, formalizzare quest’ultima richiesta di Odevaine nel corso di un’udienza futura ancora da definire.

Foto originale © Ansa

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