Dalla pista londinese alla cassa tumulata a Santa Maria Maggiore: 41 anni di misteri ancora irrisolti
A poche settimane dall'incontro tra deputati e senatori per la costituzione della commissione d'inchiesta su Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, le due ragazze scomparse nel cuore di Roma nel 1983, Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, si è detto fiducioso riguardo a una commissione che “potrebbe finalmente cambiare le cose”. Il caso della sparizione delle due 15enni ha suscitato grande interesse mediatico, anche all’estero. Durante gli ultimi quattro decenni, le teorie che si sono susseguite, soprattutto riguardo alla scomparsa di Emanuela, figlia di un messo papale, hanno ispirato libri e documentari. L’ultimo, in ordine di tempo, è “Vatican Girl”: la miniserie targata Netflix che ha ripercorso l’intera vicenda a partire da quella fatidica notte di giugno del 1983, in cui si sono perse le tracce della giovane cittadina vaticana. Riguardo all'inizio della commissione, Pietro Orlandi, intervistato dal Fatto Quotidiano, ha dichiarato: “Ho molta fiducia in questa commissione. In tanti mi dicevano che era inutile, magari in passato: questa su Emanuela potrebbe cambiare le cose. Ho parlato con il presidente ed altri membri, c’è interesse ad andare avanti e arrivare alla verità nonostante il Vaticano si sia opposto a questa indagine parlamentare”.
Il fascicolo su Emanuela Orlandi
Durante un'intervista su La7, Monsignor Sergio Pagano ha respinto categoricamente l'idea dell'esistenza di un fascicolo su Emanuela. Tuttavia, ha menzionato l'esistenza di documenti impolverati che sono giunti alla procura Vaticana. In relazione al fantomatico fascicolo su Emanuela, Orlandi ha spiegato: “Alla presentazione di un libro, Monsignor Pagano ha detto le stesse cose, sono enormi falsità. Che lui dica che l’unico fascicolo che c’è è quello di Padre Georg per Ratzinger che contiene solo articoli di giornali è assurdo. La bugia più grande - ha ribadito Orlandi - è quella sul mio avvocato Laura Sgrò che, in base a quanto dice, dopo la richiesta di accesso ai documenti su Emanuela sarebbe stata invitata in Segreteria di Stato in Vaticano per consultare questo fascicolo che contiene questi articoli, e che avrebbe anche detto ‘Ah, tutto qua?’. Questa è una falsità e chi ascolta e non conosce bene la storia percepisce che noi familiari abbiamo visto il fascicolo su Emanuela e che sappiamo che non contiene niente e che quindi in Vaticano non hanno nulla. Non è affatto così: l’avvocato non è mai stata convocata in Segreteria di Stato per vedere alcun fascicolo. Non ci è stato mai mostrato nulla eppure c’è, lo aveva detto lo stesso Padre Georg al mio avvocato e non parlava di ritagli di giornali. Lo aveva visto anche Paolo Gabriele, assistente del Papa, lo vide spillato sulla scrivania di Padre Georg e non erano articoli mi disse ma pagine e pagine su cui c’era scritto ‘Rapporto Emanuela Orlandi’.” - prosegue - “Una delle proposte fatte dal capo della gendarmeria Domenico Giani al procuratore Giancarlo Capaldo che indagò su Emanuela, nel 2012, era stata la consegna di questo fascicolo se lui avesse tolto il corpo del capo della Magliana Enrico de Pedis nella Basilica di Sant’Apollinare allontanando il Vaticano da questo scandalo. Quando andai da Georg, nel 2011 parlammo di Emanuela e mi disse che avrebbe fatto fare delle ricerche a Giani su Emanuela: da lì è nato quel fascicolo. La cosa strana è che Diddi disse che queste ricerche lo portarono alla Ior, lui fece richiesta di accesso all’archivio dello Ior ma gli fu negato, ed era capo della gendarmeria. L’espressione detta da Pagano, ‘carte impolverate’ è la stessa che fu utilizzata da Giani che a me disse che aveva trovato tantissime cose su Emanuela, c’era un intero faldone sulla sua scrivania, delle carte impolverate, dell’epoca, che stavano lì in Vaticano. Quel fascicolo esiste”.
La Basilica di Santa Maria Maggiore
La giornalista ed opinionista Maria Giovanna Maglie, prima della sua dipartita, ha pubblicato all’interno del libro “Addio, Emanuela”, un presunto certificato di cremazione del corpo di Emanuela. In qualche modo, potrebbe esserci un collegamento con una presunta cassa tumulata all’interno della Basilica di Santa Maria Maggiore. Ai microfoni del Fatto Quotidiano, Orlandi ha commentato anche le informazioni rese da Maglie all'interno del suo libro. “Un mese fa sono andato a Santa Maria Maggiore insieme alla persona che me l’ha indicata, per verificare, visto che non lo ha fatto ancora nessuno. Ci hanno detto che da un anno non è più possibile avere accesso a quella zona perché Santa Maria Maggiore è stata commissariata e il commissario è un monsignore che sta a Santa Marta: solo lui ha accesso a quella zona. Mi hanno anche detto che da poco hanno messo tre porte chiuse a chiave prima di accedere a quella zona. Io ho provato a contattare questo commissario, gli ho scritto chiedendo un incontro riservato: ha letto il messaggio ma non mi ha risposto. Di questo ho parlato a Diddi un anno fa: hanno chiamato la persona che mi ha detto dei lavori da fare lì sotto che dice di essere andato lì? Io so che non è stato convocato né dalla Procura Vaticana né da quella italiana nonostante le due inchieste aperte. Se questa cassa è lì sotto sono andati a verificarlo? Avranno trovato qualcosa? Se non lo hanno fatto - ha proseguito Orlandi - può farlo la commissione parlamentare. Sembra che le cose scritte dalla giornalista Maglie siano vere, che i servizi stranieri abbiano fatto un lavoro sulle criticità del Vaticano ed una di queste era la storia di Emanuela. La Maglie ormai è morta ma la sua grande amica Francesca Chaquoi (coinvolta nel caso Vatileaks) può riferire su queste cose. Non penso si siano presi la briga di far cremare il suo corpo, se è vero che Emanuela sia morta a Londra come si lascia intendere nei cinque fogli. Non lo so, spetta a chi sta indagando scoprirlo. Dalle conversazioni Whatsapp emerge che anche il cardinale Abril possa sapere qualcosa”.
La pista londinese
Un nuovo scenario sul caso Orlandi si è aperto quando Pietro Orlandi è stato contattato da una persona vicina ai Nar (Nuclei Armati Rivoluzionari), che avrebbe partecipato alla segregazione di Emanuela a Londra. “Credo molto in questa pista - ha precisato il fratello di Emanuela -, ci sono troppi riferimenti precisi nei cinque fogli, rappresentano un messaggio verso qualcuno, non ha senso scrivere in quel modo, soprattutto il riferimento alle 160 pagine nelle mani di qualcuno. Il Vaticano si affrettò in un giorno a dire che erano falsi e ridicoli per un errore di forma. Questa persona vicina ai Nar, dopo avermi scritto ha eliminato tutti i suoi account, è sparita. Conosco il suo nome come ho detto e speravo che la Procura mi convocasse per sapere chi fosse. Ho cercato di contattare suoi ex amici, tra cui Cristiano Fioravanti. Ho cercato Massimo Carminati, ma pare non voglia parlare con me. Tra le cassette aperte del famoso furto del ‘Caveau’ a Piazzale Clodio c’era anche quella del magistrato Domenico Sica che aveva indagato su Emanuela. Io non ho le stesse possibilità della procura per capire se quelle cose siano vere, secondo me sì. Il cardinale Ugo Poletti aveva scritto a un sottosegretario inglese, tale Frank Cooper, lasciando intendere che Emanuela dovesse abortire ma subito è stato detto che quella lettera era falsa perché all’epoca Poletti non era più vicario di Roma come era scritto sulla carta prestampata. Ma ho mostrato un’altra lettera del cardinale Ruini che ha scritto a Poletti dicendo di dargli la carta prestampata che aveva chiesto. Possibile che la Procura non indaghi? Non mi convochi per sapere chi è questa persona e se dice il vero? E se questi documenti facessero parte dei 160 allegati? Io sono convinto che c’è ancora un ricatto in atto che ci sia qualcuno che ha in mano le prove di quanto è successo anche se non c’entra nulla, che è venuto in possesso delle prove”. E aggiunge: “Forse mi stanno usando per lanciare messaggi, spetta ad altri verificarlo. Questa è la prima strada che dovrebbe intraprendere la commissione, inutile che indaghi sui fatti di 40 anni fa, dall’uomo dell’Avon in poi, sarebbe complicatissimo. Secondo me dovrebbe partire invece dagli ultimi elementi più importanti: la questione di Londra, l’incontro del procuratore Capaldo con i due emissari vaticani e la questione di Santa Maria Maggiore, legata alle conversazioni whatsapp”.
Al momento, sono in corso tre inchieste, ma il caso Emanuela Orlandi continua a essere avvolto nel mistero. “Se tre inchieste non faranno un solo passo verso la verità - ha concluso Orlandi - è inevitabile pensare che c’è la volontà di bloccarla da parte di qualcuno così forte da poterlo fare. Io penso che qualcosa uscirà per forza, sono positivo”.
Foto © Imagoeconomica
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