Ascoltati ieri in audizione dalla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato, i genitori di Mario Paciolla, giornalista, attivista e cooperante italiano trovato morto in Colombia nel 2020, hanno parlato dei depistaggi e dell'inquinamento delle prove che avrebbero finora impedito di accertare la verità sulla morte del figlio.
Sentiti nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui livelli e i meccanismi di tutela dei diritti umani in Italia e nella realtà internazionale, Anna Motta e Giuseppe Paciolla hanno in primo luogo descritto l'impegno del figlio, con particolare riferimento all'attività svolta in Colombia a partire dal 2016 come giornalista e in qualità di membro delle Brigate della Pace dell'Onu. Si sono quindi soffermati sulle circostanze della sua morte, avvenuta il 14 luglio 2020, quando era impegnato nella missione di verifica Onu degli accordi di pace tra le Farc e il governo colombiano: in particolare, hanno evidenziato i loro sospetti riguardo a possibili depistaggi e inquinamento delle prove che avrebbero compromesso le indagini sulla causa della morte, classificata dalle autorità colombiane come suicidio. Infine, i genitori di Mario Paciolla, davanti alla commissione presieduta da Stefania Pucciarelli, hanno espresso l'auspicio che si giunga all'accertamento della verità e che le istituzioni e la politica siano sempre in grado di garantire la sicurezza degli italiani che all'estero si adoperano per il rispetto dei diritti umani.
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