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L’inchiesta nell’ambito della quale è stato disposto il recente arresto (ai domiciliari al momento) del commissario regionale contro il dissesto idrogeologico per la Regione Sicilia Maurizio Croce (in foto), e di altre due persone, ha fatto emergere un sistema corruttivo che riguardava l'aggiudicazione e l'esecuzione degli appalti promossi dallo stesso commissario: due misure ai domiciliari ed una misura interdittiva della capacità di contrarre con la Pubblica amministrazione. L’indagine ha preso il via da un controllo disposto dal Prefetto presso il cantiere dei lavori di “riqualificazione ambientale e risanamento igienico dell’alveo del torrente Cataratti - Bisconte e opere varie nel Comune di Messina”.
Ovviamente tutti ci auguriamo che Croce e gli altri imputati siano in grado di dimostrare il contrario, semplicemente per evitare che un intero sistema possa collassare insieme alla credibilità, già per altro traballante, delle nostre istituzioni regionali che si occupano, a vario titolo, di ambiente ed edilizia pubblica.
L’imprenditore Fabio D’Agata, al centro di una vicenda relativa ad un cantiere bloccato a San Marco D’Alunzio (ME) oggetto di un procedimento giudiziario per un tentativo di estorsione da parte di un pubblico ufficiale, ha ricordato a mezzo stampa “l’atmosfera” che si respirava nei diversi incontri avuti a Palermo nell’ufficio di Croce - incontri in cui l’imprenditore ha avuto sempre a fianco la Fillea Cgil siciliana - proprio in merito ai lavori bloccati presso il cantiere di San Marco D’Alunzio. “Appena misi piede nella sua stanza, mi disse: 'D'Agata lei rilascia troppe interviste, noi potremmo querelarla perché dichiara il falso. Lei dichiara che dobbiamo pagarle delle somme ma ho verificato che non le dobbiamo nulla, non abbiamo fatture da pagare'. Risposi che lui non aveva mie fatture perché le lungaggini bloccavano il cantiere e non potevo neanche contabilizzare quanto fatto. Mi bloccava i lavori, avanzavo delle somme e non potevo fatturare". "A Croce - continua D'Agata - dava fastidio quella cattiva popolarità intorno alla struttura commissariale. Cioè non mi espresse solidarietà perché avevo contribuito a far arrestare uno che rubava soldi all'amministrazione pubblica, ma diceva anzi che la colpa era mia perché mi rivolgevo alla pubblica opinione affinché si sbloccassero i lavori". "L'atteggiamento ostruzionistico di Croce, alla luce di quello che emerge dall'ordinanza cautelare - conclude l'imprenditore - indica che lui era parte del problema, e così la stessa mancata costituzione delle Regione di parte civile nel procedimento di Patti né in primo grado nè in appello. A quel tempo parlai di 'tecno-burocrazia' che bloccava le aziende, ma devo rettificare: c'era una regia centralizzata di un corrotto cronico che usava, per quanto segnalato dai magistrati e sempre che sia confermato quanto riportato in ordinanza, il denaro pubblico per ristrutturare le case degli amici, per finanziarsi la campagna elettorale, sistemare le spiagge private dei resort internazionali e regalare orologi di lusso senza pagarli”.
Giovanni Pistorio, segr. gen. Fillea Cgil Sicilia, ammette senza peli sulla lingua: “Abbiamo fatto bene a schierarci e a lottare. Presso l'ufficio del commissario al dissesto idrogeologico infatti si adoperava un potentato criminale che agiva utilizzando meccanismi ben rodati e che pensava di potere agire impunemente, probabilmente, con il benestare di chi governa e di chi ha governato la Sicilia. Ricordiamo a tutti che la Regione Siciliana, pur avendone titolo, non si è costituita parte civile contro il direttore dei lavori Ceraolo né in primo grado né in appello per i fatti denunciati da D’Agata. Per quanto ci riguarda saremo sempre a fianco di chi denuncia e/o subisce il malaffare ed in primissima linea nella giusta battaglia a sostegno dei siciliani onesti e senza paura".
Ma perché, oggi più che mai, continuiamo a tollerare un sistema corruttivo che, al netto di questa vicenda che va comunque approfondita, sembra ormai quasi connaturato alla gestione degli appalti pubblici: chiaramente gli interessi in ballo, di ordine economico, e la contropartita in termini di favori e consenso, anche elettorale, sono alti, altissimi anzi. Emerge con disarmante chiarezza che la volontà politica manca, da sempre, ed è chiaro che questa gestione degli appalti pubblici agevola gli interessi criminogeni di tanti rappresentanti delle istituzioni, e le varie vicende giudiziarie, ormai da anni, confermano questa idea. Forse, ma solo forse, in realtà quel “fascino discreto” degli appalti siciliani, è davvero irrinunciabile.

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