Il procuratore di Caltanissetta Salvatore De Luca: “Mafiosi scarcerati riprendevano le attività”
"Uno dei soggetti di maggiore caratura dell'operazione è Giuseppe Tasca, reggente della famiglia Rinzivillo, un individuo che ha scontato decine di anni di carcere. Questo conferma ulteriormente ciò che è stato detto in numerose altre occasioni. Che tranne eccezioni rarissime, da Cosa nostra non si esce perché c'è una subcultura mafiosa e l'orgoglio di appartenervi", ha detto il procuratore di Caltanissetta Salvatore De Luca in conferenza stampa. "Ci sono soggetti - ha aggiunto il magistrato - che dopo anni di carcere, uscendo, riprendono le attività sul territorio. Anzi, qualora vengano arrestati soggetti di livello non apicale, scontando anni di carcere senza battere ciglio e senza collaborare, escono con un titolo in più. È il caso di Giuseppe Tasca. Abbiamo indizi per ritenere che egli sia divenuto il reggente della famiglia Rinzivillo di Gela. Questa operazione - ha sottolineato De Luca - conferma che Cosa nostra non è mafia liquida, non è un comitato di affari. Sì, fa gli affari, ma c'è una riserva di violenza nel DNA dell'associazione che è pronta a entrare in azione qualora le normali attività economiche non siano sufficienti. La riserva di violenza è sempre presente e Cosa nostra non può che ribadirlo se vuole affermarsi come associazione criminale".
"Da tutto il quadro generale - ha osservato il procuratore di Caltanissetta - emerge una Cosa Nostra che fa affari, tratta droga, ha disponibilità di armi e delibera di uccidere se necessario e anche per manifestare la sua potenza. Vi è anche oggi però la piena presenza dello Stato. Abbiamo il controllo del territorio e lo dico con orgoglio. Spero che, tenuto conto delle priorità dell'ufficio che rappresento, impegnato come è noto a 360 gradi sulle indagini delle stragi del '92 e sul controllo attuale del territorio, non manchino le risorse per far fronte a questo duplice impegno, assicurare l'incolumità dei cittadini e cercare di accertare quello che è successo nel '92".
Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Caltanissetta, iniziate alla fine del 2018, hanno consentito di tracciare le linee operative di Cosa nostra in territorio gelese, 'acclarando - raccontano gli inquirenti - ancora una volta la piena operatività dei due gruppi che animano la suddetta consorteria mafiosa nel territorio, ovvero il gruppo Rinzivillo e il gruppo Emmanuello (da qui il nome dell'operazione, 'Ianus': una delle divinità più antiche, solitamente raffigurata con due volti, il cosiddetto Giano Bifronte, proprio a sottolineare i due volti di Cosa nostra)’. L'indagine dei poliziotti della Squadra Mobile, S.I.S.C.O. Caltanissetta e Commissariato di Gela in cui è stato eseguito l’arresto di 55 soggetti - 'ha consentito di far emergere gravi indizi anche in ordine agli ingenti investimenti dell'organizzazione mafiosa Cosa nostra operante a Gela nella realizzazione di serre finalizzate alla coltivazione di marijuana; contemporaneamente avrebbe utilizzato tale tipologia di droga come merce di scambio per ottenere sostanze stupefacenti di altro genere, quali cocaina, dalle organizzazioni criminali reggine e catanesi'.
Il nuovo presunto capo di Cosa Nostra gelese
Giuseppe Tasca, esponente di Cosa Nostra gelese della famiglia dei Rinzivillo, sarebbe diventato, secondo gli investigatori, il capo di Cosa nostra gelese e ne avrebbe ripreso le redini dopo i 16 anni di carcerazione. Dall'indagine della polizia emerge uno stretto collegamento con la ‘Ndrangheta calabrese, in particolare la 'ndrina Longo di Polistena, nonché esponenti di Catania dai quali i gelesi si rifornivano di armi. Dall'inchiesta è emerso che un kalashnikov può essere acquistato con una somma di 2.500 euro. Alla conferenza stampa alla questura di Caltanissetta ha partecipato il direttore dello SCO Vincenzo Nicoli, il quale ha evidenziato che "siamo di fronte a un'indagine classica su Cosa nostra. Emerge che possono interloquire con importanti consorterie mafiose siciliane ed esponenti di cosche reggine".
Traffico di armi e droga
Fondamentale è stato ‘il contenuto delle intercettazioni di conversazioni tra gli odierni indagati ed ha trovato riscontro in numerosi sequestri di marijuana il cui quantitativo complessivo si attesta su circa 1000 kg di stupefacente del tipo marijuana; inoltre, secondo una stima fatta proprio dagli stessi indagati nel corso delle conversazioni captate, il quantitativo settimanale di sostanza stupefacente immessa sul mercato si aggirava intorno a 1 o 2 kg di cocaina, con conseguenti cospicui guadagni per milioni di euro’, dicono gli inquirenti. ‘L’indagine ha altresì fatto luce anche in ordine ai rapporti tra Cosa nostra e l'altra organizzazione mafiosa operante a Gela e segnatamente la stidda, censendo taluni incontri tra i rispettivi vertici’, dicono ancora i pm. ‘Durante l'attività investigativa emergeva la disponibilità di armi ed esplosivi da parte dei sodali. Al fine di scongiurare il verificarsi di gravi fatti reato era tratto in arresto uno degli indagati, in quanto trovato in possesso di un ordigno rudimentale, che gli artificieri della Polizia di Stato, prontamente intervenuti, facevano brillare in piena sicurezza. La pericolosità presunta di alcuni degli indagati, oltre che dalla detenzione delle armi, emergeva anche dal tenore delle conversazioni captate’. Oltre alle misure cautelari, la Polizia di Stato ha proceduto al sequestro preventivo di una villa con piscina sita a Gela ed un'auto di grossa cilindrata, beni riconducibili a taluno degli indagati.
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