La P2, la Cia e il KGB, ecco perché non lo si voleva liberare
Aldo Moro “doveva essere distrutto politicamente e fisicamente: se Moro fosse sopravvissuto la politica dell’Italia avrebbe avuto uno sviluppo diverso da quello che è stato”. Il generale Roberto Jucci, intervistato da Repubblica, fa una lunga esamina del retroscena del rapimento e la conseguente morte dello statista della Dc. Già al vertice del servizio sicurezza dell’Esercito, comandante dei Carabinieri, manager con Raul Gardini e Romano Prodi, tesoriere dell’Ulivo, presidente della Commissione per la riforma dei servizi segreti, l’alto ufficiale oggi ha 98 anni. Jucci è stato anche protagonista di alcune missioni top secret in Libia, Israele e Cina. E può vantare di aver avuto ottimi rapporti di fiducia con Giulio Andreotti, Francesco Cossiga, Bettino Craxi e lo stesso Aldo Moro.
Una memoria di ferro la sua, nonostante i suoi 98 anni appena compiuti, con cui ha riavvolto il nastro della Storia. Eppure, lamenta di non essere mai stato udito dalle Commissioni parlamentari sul caso Moro. “Certo non avrei potuto dare una svolta decisiva alle conclusioni, ma qualcosa forse avrei potuto dire e contribuire alla ricerca della verità”, ha detto ammettendo, però, di non aver mai incarnato il ruolo di attore nel sequestro Moro, “ma solo una comparsa”.
“Cossiga era consigliato da un uomo mandato dagli Usa e dalla commissione composta in gran parte da piduisti. Tutte persone che a mio avviso volevano che le cose andassero in una maniera diversa da quella che tutte le persone oneste chiedevano. Moro doveva essere distrutto politicamente e fisicamente: se Moro fosse sopravvissuto la politica dell’Italia avrebbe avuto uno sviluppo diverso da quello che è stato. Credo che si sarebbe potuto liberare Moro, se tutte le istituzioni avessero operato in questa direzione. Ma l’apertura di un governo, sostenuto da Moro, formato da comunisti e democristiani era osteggiata sia dagli Usa e sia per altri motivi dall’ex Unione Sovietica”, spiega il generale, che all’epoca era a capo del Secondo reparto dello Stato Maggiore dell’Esercito.
Cossiga gli chiese di “creare un reparto dell’Esercito che potesse intervenire per liberare Moro quando fosse stata individuata la sua prigione. Dovevano operare con una precisione millimetrica per non rischiare la vita dell’ostaggio. Mi diede una settimana di tempo. Io ho preso gli incursori del leggendario Col Moschin, ho acquistato armi sofisticate in Gran Bretagna e in Germania e li ho fatti addestrare senza sosta in una base segreta all’interno della tenuta presidenziale di San Rossore. Cossiga mi domandava continuamente se erano pronti. Gli ho detto: Ministro venga a vedere di persona. Durante il viaggio per l’ispezione, senza preavviso, gli incursori fecero un agguato al suo corteo e immobilizzarono la scorta: a Cossiga stava venendo un infarto”.
Jucci conserva tutt’ora un dubbio: “A Cossiga dissero di fare questo reparto, ma non so se lo fecero per togliermi fuori dal campo a Roma. Perché io così passai praticamente tutti i giorni del rapimento in Toscana nella tenuta di San Rossore per predisporre questa squadra che non è mai entrata in azione. Andavo a Roma da Cossiga per riferire, mi intrattenevo con Ugo Pecchioli che era il rappresentante del Pci e aspettavamo che uscisse dalle riunioni del Comitato. A me chiedeva lumi sulla preparazione degli incursori; con Pecchioli faceva il punto della situazione. Mi tolsero di mezzo. E non so se questo fu fatto apposta. Perché allora gran parte dei vertici delle Istituzioni militari erano della P2. E su quella loggia io oggi ho molti pensieri: perché la P2 era espressione di un gruppo di potere di un Paese straniero, amico sicuramente ma che aveva altri interessi”. Cioè, “centri di potere americani che operavano anche attraverso elementi della P2”.
“L’intelligence militare Usa ha operato a volte in una maniera assai discutibile: eravamo un alleato lontano dalla loro terra, con visioni non sempre coincidenti - ha continuato il generale -. E purtroppo ci sono stati italiani che hanno operato seguendo le loro indicazioni per obiettivi che forse non dovevano essere né fatti, né pensati”.
Ma a non volere la liberazione di Moro non erano solo gli alleati di oltreoceano ma anche la vicina Unione Sovietica. “Anche i servizi sovietici in quel momento seguivano le stesse strategie – ha detto Jucci –. Ricordo l’arresto di Morucci e Faranda a casa di Giuliana Conforto, che dopo pochi mesi fu messa in libertà nonostante i reati a lei attribuiti avrebbero forse richiesto pene più elevate. Chi era Giuliana Conforto? La figlia di un agente del Kgb di lunga data, Giorgio Conforto, il quale ha sempre lavorato dietro le quinte per uno dei burattinai dei nostri servizi, quel Federico Umberto D’Amato di cui ho già parlato”.
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