"Mio figlio è morto perché è stato ammazzato".
È una verità straziante quella che Angela Manca è costretta a ripetere da ormai oltre vent'anni.
Le parole della madre di Attilio Manca, il famoso urologo siciliano trovato morto (ammazzato) nel suo appartamentoa Viterbo il 12 febbraio del 2004, sono state raccolte dai cronisti de 'Le Iene' e fatte risentire ieri sera durante il programma 'Inside’, condotto da Gaetano Pecoraro.
Abbiamo scritto più volte che Attilio Manca è stato ucciso perché finito nella rete di protezione del boss latitante Bernardo Provenzano. Una latitanza dorata intorno a cui girava "un circuito misto di mafia e di servizi segreti” ha detto l'avvocato Antonio Ingroia.
Parole oggi confermate dalla relazione della commissione parlamentare antimafia della scorsa legislatura la quale ha messo per iscritto nero su bianco che l'omicidio di Attilio "non appare essere stato il classico assassinio mafioso, ma il frutto di una collaborazione tra la cosca mafiosa barcellonese e soggetti istituzionali estranei a Cosa Nostra".
Le indagini sono affidate alla procura di Roma a cui il legale della famiglia Manca, Fabio Repici, si rivolse più di un anno fa: "Siamo in attesa del completamento delle indagini" - aveva detto ai nostri microfoni - "e aspettiamo con ovvia attenzione che trovino per una volta finalmente l'esito che noi riteniamo doveroso. quella dell'individuazione dei responsabili di un omicidio, perché quello di Attilio Manca è stato un omicidio in modo incontrovertibile, come dimostrato da documenti, da fonti di prova di tanti tipi, ma come dimostrato dalle immagini del cadavere di Attilio Manca".
"Le ragioni di quell'omicidio - aveva aggiunto - toccano due snodi bui e dolorosi della storia della mafia e della mancata repressione di alcune esperienze mafiose: le due espressioni sono la mafia di Barcellona Pozzo di Gotto che storicamente ha liason (collegamenti) a livelli altissimi con apparati dello Stato, che siano istituzioni giudiziarie, che siano istituzioni di polizia, che siano organismi dei servizi segreti. E in secondo luogo il grande finto mistero della quarantennale, ultra quarantennale latitanza di Bernardo Provenzano".
Angela Manca
Il sospetto che dietro la morte di Manca vi sia stata la mano pesante di apparati deviati, così come è avvenuto in altri delitti eccellenti, si accresce proprio leggendo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia barcellonese Carmelo D'Amico, forse il più attendibile collaboratore di giustizia della famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto.
Oltre a lui, naturalmente, hanno parlato altri collaboratori di giustizia.
Il camorrista Giuseppe Setola era stato sentito il 4 luglio 2014 dai Sostituti procuratori Antonino Di Matteo e Roberto Tartaglia.
In quell'occasione il casalese aveva spiegato ai magistrati "di avere trascorso nel carcere di Cuneo, nel 2007, un periodo di comune detenzione con il capomafia di Barcellona Pozzo di Gotto Giuseppe Gullotti, il quale gli aveva confidato che un urologo aveva visitato (per quel che disse all’estero) Bernardo Provenzano per problemi alla prostata e che successivamente il medico era stato ucciso con una iniezione di eroina nel braccio sinistro, perché lo ‘aveva visto in faccia’. Secondo il collaboratore, il Gullotti precisava, senza farne il nome, che l’autore dell’omicidio era un suo affiliato".
Nella relazione della commissione sono state riportate anche le dichiarazioni di Nunziato Siracusa, anch'egli collaboratore di giustizia ed ex mafioso della famiglia di Barcellona Pozzo di Gotto, nonché referente del boss Giuseppe Gullotti per il territorio di Terme Vigliatore.
L'8 giugno 2015 era stato sentito a verbale dai magistrati Michele Prestipino e Maria Cristina Palaia. "In quell'occasione Siracusa dichiarava di non aver mai conosciuto Attilio Manca ma di averne sentito parlare intorno al 2007 nel carcere di Messina da Angelo Porcino, detenuto assieme a lui. A Porcino era arrivata una carta processuale dall'A.g. di Viterbo per l'indagine sulla morte di Manca, nella quale era stato coinvolto, e aveva confidato a Siracusa che una volta era andato a fare una visita urologica a Barcellona con un suo parente e ricollegava a tale contatto il fatto di essere rimasto coinvolto a Viterbo in quell’indagine, aggiungendo di non sapere niente della vicenda".
Queste dichiarazioni hanno offerto "un importante elemento di riscontro alle dichiarazioni dei genitori del medico, i quali avevano riferito già nel 2004 che, pochi giorni prima di morire, il figlio li avrebbe chiamati per chiedere loro notizie su 'tale Angelo Porcino', che di lì a poco lo avrebbe raggiunto a Viterbo per una visita, preannunciatagli dal cugino Ugo Manca".
Lo stesso Ugo Manca le cui impronte (le uniche) sono state trovate nel bagno dell'appartamento di Attilio.
Sono tutti elementi che, come abbiamo più volte scritto, meritano assoluta attenzione da parte degli inquirenti capitolini.
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- Luca Grossi