L'ex capo della Squadra mobile versò 22 milioni di lire all'ex funzionario del Sisde
Martedì scorso il pm Maurizio Bonaccorso nel corso dell'udienza del processo d'appello sul depistaggio delle indagini sulla strage di via d'Amelio ha depositato la documentazione bancaria (assegni, estratti conto, ricevute bancarie) trovate durante le perquisizioni ai familiari dell'ex capo della Squadra mobile, Arnaldo La Barbera (deceduto nel 2002), nell'ambito delle indagini sulla sparizione dell'agenda rossa di Borsellino.
Come riportato da alcuni quotidiani all'interno di una valigetta che si trovava nella cantina di una casa di Verona i carabinieri del Ros hanno trovato questi documenti in cui compaiono estratti conto con strani versamenti in contanti fatti fra il settembre 1990 e il dicembre 1992.
Parliamo di 114 milioni 699mila e 620 lire risalenti proprio al periodo in cui La Barbera, ed il gruppo Falcone-Borsellino, indagava sulle stragi degli anni Novanta ed imboccava la pista che portava verso il falso pentito della Guadagna, Vincenzo Scarantino.
Il primo punto che la Procura di Caltanissetta guidata da Salvatore De Luca, insieme al procuratore aggiunto Pasquale Pacifico, cerca di capire è la provenienza di quei soldi.
Ma è emerso anche dell'altro. Infatti è stato scoperto un versamento, con due assegni (il primo nel 1993 e il secondo nel 1997, di ventidue milioni di vecchie lire, che l’ex capo della squadra mobile di Palermo avrebbe versato in favore dell’ex capo unità centrale informativa Luigi De Sena.
In particolare gli inquirenti stanno cercando di capire perché La Barbera versasse quelle somme a De Sena (fatto non semplice vista la morte di entrambi i protagonisti). Quel che è certo, così come emerso in questi anni dalle testimonianze e nei processi, è la loro solida amicizia.
Le dichiarazioni di De Sena davanti ai magistrati sono sempre state definite come “lacunose”. Ed anche quando fu sentito nel corso del Borsellino quater la sua testimonianza fu costellata di "vuoti di memoria". Poco sapeva dire sui legami con l'ex capo della mobile, nello specifico sul suo rapporto con il Sisde dal 1986 al 1988 quando il nome in codice di La Barbera era “Rutilius” e si trovava ancora a Venezia.
Eppure è un fatto certo, in base alla relazione dell’Aisi, depositata negli ultimi processi, che “la proposta del febbraio 1986 per la sua collaborazione con il Sisde era stata avanzata dall’Unità Centrale Informativa (Uci), di cui era Direttore all’epoca il dottor Luigi De Sena”.
Poco o nulla aggiunse sulla genesi delle primissime indagini circa la morte del giudice Borsellino e degli agenti della scorta. "Quando Arnaldo veniva a Roma - aveva raccontato davanti alla Corte d'Assise - andavamo a cena. Una volta, mi disse che su via D’Amelio stava andando nella direzione giusta, attraverso il pentimento di alcune persone. Ma non aggiunse altro: può sembrare strano, ma non era l’argomento principale delle nostre discussioni".
Luigi De Sena
I pm avrebbero voluto sentirlo anche nel processo di primo grado sul depistaggio ma l'ex 007 (sette anni prima era stato eletto senatore del Pd e fu anche vicepresidente della commissione Antimafia) è morto nel 2015.
Restano quindi i suoi vecchi verbali. Ai magistrati nisseni raccontò anche di aver sostenuto l’ingresso nel Sisde di Emanuele Piazza (giovane collaboratore dei Servizi impegnato nella ricerca dei latitanti sequestrato e poi ucciso da Cosa nostra il 16 marzo 1990) e Vincenzo Di Blasi (figura che è stata condannata per favoreggiamento ad alcuni boss di Brancaccio).
Tornando ai conti che riguardano La Barbera nelle motivazioni della sentenza di primo grado sul processo depistaggio gli stessi giudici avevano evidenziato alcune anomalie e tracciavano anche una possibile linea di continuità anche con le dichiarazioni fornite da alcuni collaboratori di giustizia sul legame che La Barbera avrebbe avuto con la famiglia mafiosa dei Madonia.
"È chiaro - scrivevano i giudici - che questa necessità di ‘provvista’ di La Barbera, coperta prima dal Sisde per il tramite di De Sena e dopo dallo stesso capo della Polizia, Vincenzo Parisi, non possa essere ritenuta ‘neutra’, quantomeno in astratto, rispetto alle indicazioni fornite nell’odierno procedimento e sin dal Borsellino Quater, dai collaboratori Vito Galatolo e Francesco Onorato i quali hanno indicato il citato funzionario come soggetto ‘al soldo’ dei Madonia”.
La nuova documentazione recuperata apre ulteriori spunti. Perché, come scrivono le fiamme gialle nell'informativa inviata alla Dda nissena, "non si hanno, in ogni caso, informazioni in merito all’origine di tale provvista. Gli importi potrebbero derivare da risparmi pregressi, sebbene certamente la somma sia elevata. E si aggiunge altresì, come già detto, che l’entità di tali giacenze potrebbe essere parziale”. E poi ancora, considerato che La Barbera ha collaborato con il Sisde tra l’86 e l’88, “non appare credibile né che il saldo cospicuo sui conti derivi principalmente da tale attività né che i continui versamenti nei conti correnti nel periodo 1990/1992 derivino da tali pregresse prestazioni”. Pertanto “la sproporzione rilevata non appare giustificabile” e sarebbe di 97 milioni di lire.
L'indagine sui conti dell'ex capo della mobile è solo all'inizio.
Foto © Imagoeconomica
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