L’analisi del Procuratore di Napoli: “Qualcosa sta cambiando, i boss della droga temono l'estradizione negli USA"
Dopo la dichiarazione di guerra ai cartelli della droga da parte del presidente ecuadoriano Daniel Noboa, le strade dell'Ecuador sono diventate un campo di battaglia. Gli studi televisivi della TC Television sono stati assaltati da uomini incappucciati e pesantemente armati durante una trasmissione in diretta. Scene simili si sono svolte in vari penitenziari. Domenica scorsa, José Adolfo Macias Villamar, noto boss della droga conosciuto come “Fito”, è riuscito a evadere dal carcere di Guayaquil. Pochissime ore dopo, il giovane presidente Noboa ha proclamato lo stato di emergenza per 60 giorni, imponendo un coprifuoco dalle 23:00 fino alle 5:00 del mattino. La drammatica vicenda, che ha catturato l'attenzione a livello mondiale, ha visto anche l’analisi di Nicola Gratteri, il procuratore di Napoli, che durante i suoi anni alla guida della procura di Catanzaro, ha operato attivamente nel contrastare il traffico internazionale di droga, affrontando diversi cartelli del Sudamerica che nel corso degli anni hanno instaurato rapporti di fiducia con la 'Ndrangheta calabrese. Durante un’interessante intervista rilasciata al quotidiano “La Stampa”, il procuratore Gratteri ha spiegato: “Prima dell'avvento dell'attuale presidente le carceri erano fuori controllo. I boss delle varie organizzazioni criminali uscivano e entravano quando volevano. Ora qualcosa sta cambiando. Il caos di questi giorni è legato a un cambiamento di passo che prevede l'estradizione dei detenuti stranieri e il trasferimento dei boss del narcotraffico nelle carceri di massima sicurezza. I boss locali - ha proseguito - temono che l'Ecuador possa aprirsi sempre di più alla collaborazione con gli americani, rischiando anche l'estradizione negli Stati Uniti”.
Dalla Colombia al Messico, fino all’Europa
L’Ecuador si trova in una situazione di caos che ricorda le scene di violenza tipiche dei film hollywoodiani, a causa del suo coinvolgimento nel traffico internazionale di droga. Si sono verificati scontri tra bande criminali dove almeno 10 persone hanno perso la vita. Secondo Gratteri, questi tragici eventi sono il frutto di anni durante i quali il traffico internazionale di droga ha trasformato l’Ecuador in un hub globale che attira l’attenzione dei cartelli della droga messicani, albanesi e, infine, della 'Ndrangheta, che in Europa controlla buona parte del traffico di cocaina. “L'Ecuador - ha precisato Gratteri - è il terzo Paese al mondo per sequestri di cocaina, dopo Colombia e Stati Uniti. È incuneato tra Colombia e Perù e dai tempi dei cartelli colombiani garantisce la spedizione di ingenti partite di cocaina destinate al Nord America e all'Europa. Su questo Paese hanno messo gli occhi un po' tutti: dai cartelli messicani alle gang albanesi e alla stessa ‘Ndrangheta. Negli ultimi cinque-sei anni abbiamo notato un numero maggiore di carichi sequestrati in Italia provenienti da lì e un'attenzione particolare da parte di clan albanesi che sono andati a vivere nella zona portuale di Guayaquil. All'inizio c'è stato anche qualche boss albanese ucciso proprio in quel Paese. Ma a contendersi l'Ecuador da almeno dieci-quindici anni sono i cartelli messicani”. Ma la crisi che sta affrontando l'Ecuador è anche il prodotto di anni in cui le bande criminali hanno goduto di impunità, ottenuta anche grazie ad un crescente livello di corruzione istituzionale. Il presidente Noboa ha promesso di cambiare le sorti del Paese attraverso la repressione militare, tuttavia, i risultati potrebbero essere difficili da raggiungere, anche se come ha precisato lo stesso Gratteri, “tutto può succedere”. “Nel decreto del presidente Noboa sono stati elencati 21 gruppi criminali, ma fondamentalmente quelli più influenti sono due: i Choneros e i Lobos, rispettivamente legati al cartello di Sinaloa e a quello di Jalisco.” - prosegue - “L'America Latina è una polveriera. Bisogna non concedere spazio ai cartelli della droga che gestiscono enormi patrimoni e sono in grado di corrompere, politici, funzionari, giudici e poliziotti. Oggi, uno dei principali quotidiani dell'Ecuador ha riportato alcuni passaggi dell'intervista rilasciata dal presidente a una radio di Quito, in cui si minacciava il pugno di ferro contro giudici e procuratori scoperti ad aiutare le organizzazioni criminali che sono state equiparate alla stregua di organizzazioni terroristiche”.
Il boss del narcotraffico Adolfo Macias, "Fito"
La mafia albanese e il ruolo di Cosa nostra
Ogni anno, fiumi di droga partono dal Sudamerica per arrivare in Europa. Per il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, i Paesi che detengono il controllo del narcotraffico sono “Colombia, Bolivia e Perù”, anche se “a distribuirla in Nord America sono i cartelli messicani”. Per quanto riguarda il mercato della droga europeo, la fluidità delle transazioni è sempre molto alta grazie ai contatti che la ‘Ndrangheta detiene con i cartelli della droga presenti in tutta l’America Latina. Tuttavia, “la forza emergente è quella albanese”, dal momento che può garantire “la consegna a domicilio in Italia e in Europa di ingenti carichi di cocaina a chi non vuole sporcarsi le mani”. Infatti, proprio la mafia albanese “si è assunta i rischi della spedizione. Ed è radicata in tantissimi Paesi”. Nel frattempo, anche la mafia siciliana sembra che stia iniziando a riprendere i contatti con i cartelli della droga. “La mafia siciliana ha ripreso i contatti con i produttori di droga dopo il delirio stragista dei Corleonesi. Non è ancora tornata ai fasti del traffico di eroina - ha spiegato Gratteri - ma alcuni recenti sequestri di cocaina in Sicilia fanno pensare a una ripresa dei vecchi rapporti. La ‘Ndrangheta - ha concluso - spesso acquista anche per loro e per la Camorra”.
Dirigenti Usa arrivano in Ecuador
Fortunatamente, il presidente Daniel Noboa non sarà solo nella sua lotta contro i narcotrafficanti. Alcuni funzionari del Dipartimento di Stato e dell’esercito americano arriveranno presto per sostenere i suoi sforzi. Nelle prossime settimane, infatti, si recheranno in Ecuador per assistere il Paese sudamericano nelle indagini penali scaturite dalla recente ondata di violenza. Intanto, sembra che la situazione in Ecuador stia già migliorando. Dopo che le forze armate ecuadoriane hanno arrestato oltre 300 persone ritenute responsabili delle brutali violenze, Fabricio Colón Pico, noto come ‘El Salvaje’ (Il Selvaggio), un altro boss della droga evaso dal carcere di Riobamba durante gli scontri, ha chiesto aiuto al presidente Noboa per consegnarsi alle autorità, e - come ha reso noto Ansa - lo ha fatto tramite un video pubblicato via social. “Non ho nulla da nascondere - ha dichiarato ‘il Selvaggio’ - e voglio arrendermi. Sono scappato perché mi avevano detto che mi avrebbero ucciso. La mia vita è in pericolo. Signor presidente - ha concluso - lei garantisce la mia vita, che non mi succederà nulla, e io mi arrendo”.
Foto di copertina © Imagoeconomica
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